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Cancro al seno, analisi del sangue predice recidive

Prevedere le recidive del cancro al seno con un’analisi del sangue. A quanto pare grazie tutto questo è possibile grazie al lavoro degli scienziati dell’Institute for Cancer Research (Icr) di Londra e del Royal Marsden Nhs Foundation Trust.

Questo test riesce a prevedere quali donne hanno il rischio di sviluppar recidive di cancro al seno ben 8 mesi prima che compaiano sintomi visibili. In pratica, scientificamente parlando, consentono di trovare le cellule malate sopravvissute alla prima terapia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista di settore Science Translational Medicine ed ha preso in considerazione un campione di 55 donne. Delle 15 che effettivamente hanno sviluppato una ricaduta di tumore al seno, 12 sono state rilevate in anticipo con successo, scovando tracce di DNA canceroso nella circolazione sanguigna.

Secondo gli scienziati di tutto il mondo questo esame potrebbe davvero cambiare la vita delle donne che combattono con questa malattia oncologica. Ma allo stesso tempo coloro che si sono occupati del trial scientifico ci tengono a sottolineare che si tratta ancora di un campione troppo piccolo e che per avere maggiori conferme dovremmo attendere i trial clinici più imponenti che avranno inizio nel corso del 2016 per partire con l’eventuale implementazione negli ospedali.

Un test del sangue di questo genere, in grado di trovare delle recidive, consentirebbe anche di comprendere con anticipo quali donne necessitano di essere sottoposte a chemioterapia o altri approcci terapeutici dopo essere state trattate chirurgicamente, in modo da limitare al massimo gli effetti collaterali sulla salute. Spiega il dott. Mitch Dowsett, a capo del Dipartimento accademico di biochimica di Icr e Royal Marsden e coordinatore della ricerca:

Il nuovo test potrebbe cambiare drasticamente il trattamento del cancro al seno. La paziente arriva in ospedale, viene sottoposta a chirurgia e noi le preleviamo un campione ematico. Se ne suo sangue non troviamo DNA tumorale, possiamo dedurre che non è rimasta patologia residua e che almeno in quel momento sarebbero inutili altri trattamenti.

Un risultato cercato a lungo degli scienziati che presto potrebbe trasformarsi in un vero e proprio procedimento clinico.

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