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Cellule, un gene le ripulisce da grassi e tossine

Esiste un gene, recentemente scoperto dai ricercatori dell’università di Napoli, che si occupa di ripulire le nostre cellule da grasso e tossine. Lo studio dedicato, pubblicato su Nature Cell Biology, apre la strada a sperimentazioni utili contro le malattie rare e degenerative.

Questo gene, chiamato Tfeb, si occupa di regolare la produzione ed il funzionamento dei lisosomi, quella parte delle nostre cellule adibite a “discarica” ed allo smaltimento delle sostanze di scarto al fine di evitarne la tossicità. Quale è la particolarità dello studio condotto dagli scienziati italiani (finanziati da Telethon, N.d.R.)? E’ presto detto: è stata scoperta una correlazione tra lo smaltimento delle tossine e la produzione di energia. Un collegamento che potrebbe portare a comprendere come approcciare alcune malattie rare come la malattia di Huntington, ma anche l’aterosclerosi, il Parkinson e l’Alzheimer.
Commenta Andrea Ballabio, uno dei firmatari dello studio:

Grazie a questo processo, chiamato “autofagia” la cellula funziona come un vero e proprio termovalorizzatore, che degrada le molecole già utilizzate e ormai inutili per ricavarne energia. Promuovere questo processo di pulizia potrebbe risultare molto utile nel caso di svariate malattie degenerative, molto rare come quelle da accumulo lisosomiale.

L’importanza dello studio non si ferma qui. L’autofagia infatti entra in gioco anche per ciò che concerne le cellule e la loro sopravvivenza quando vi è scarsità di nutrienti come in un digiuno molto lungo. Questo gene sembra essere molto importante anche per il funzionamento del metabolismo dei grassi quando l’energia scarseggia. E’ infatti la particella che trasforma i grassi da “deposito” in quelli immediatamente disponibili a livello energetico. Su modello animale, spiegano gli scienziati, è stato verificato come pur non variando l’alimentazione ricca di grassi e con la presenza di obesità di tipo genetico, le cavie non aumentavano di peso, non sviluppavano diabete né vedevano alzarsi il livello di colesterolo.

E’ evidente come le possibili applicazioni di questa scoperta tocchino diversi ambiti della salute da non sottovalutare.

Fonte | Nature Cell Biology

Photo Credit | Thinkstock