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Cervello, scossa transcranica per essere più intelligenti

Una piccola scossa transcranica nel cervello e si diventa più intelligenti. Non si tratta della trama di un film dell’orrore di seconda categoria, ma del risultato di un recente studio neurologico. Basta pillole e ricostituenti, da oggi sembra essere possibile stimolare la propria intelligenza grazie all’aiuto dell’elettricità.

Ovviamente la quantità di energia necessaria alla stimolazione deve essere ben dosata. Non si deve correre il rischio di danni permanenti al cervello. Sono questi gli insoliti risultati di una ricerca condotta presso l’università australiana di Sidney.

Il ricercatore a capo dello studio pubblicato su PLos, Richard Allan Snyder, ha scoperto che stimolare elettricamente i lobi temporali dell’encefalo, triplica le sue possibilità di trovare una soluzioni a problemi difficili. Secondo il luminare, il nostro modo di agire, ovvero quello di porre in atto strategie collaudate, limiterebbe la scoperta di nuove idee, funzionanti in maniera più adeguata.

Questa leggera scossa, bypasserebbe il problema, trovando un buon compromesso a livello cognitivo tra la ricerca di una soluzione veloce e l’apertura mentale. Quando parliamo di stimolazione elettrica ovviamente la intendiamo effettuata attraverso la stimolazione transcranica a corrente continua, conosciuta sotto il nome tDCS. E’ una tecnica non invasiva, leggera, in grado di stimolare o calmare, a seconda della necessità, l’eccitabilità dei neuroni.

Secondo i dati raccolti, questa stimolazione elettrica favorirebbe la competizione tra i due emisferi del cervello, portando ad un funzionamento migliore dello stesso. Inoltre, con l’utilizzo di questa tecnica, sarebbe possibile inibire o attivare alcune particolari reti neurali.

Un simile stimolazione elettrica era già stata oggetto di studio qualche mese fa per aiutare i pazienti colpiti da ictus. Essa avveniva sempre  attraverso tDCS.  La ricerca in questo caso, condotta su 20 pazienti, aveva dimostrato un miglioramento di tre volte superiore nella ripresa della attività neurologiche rispetto ai malati sottoposti alla semplice terapia fisica.

Tali progressi riguardavano una maggiorata capacità di cogliere o compiere i movimenti del polso e delle dita. Oltre che le zone colpite risultavano essere attive in modo più sostenuto anche le aree del cervello non danneggiate.

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Fonte: La Stampa