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Doping genetico: un futuro prossimo

 

Al momento non ci sono al mondo atleti che utilizzano il doping genetico, però tutti sono convinti, ed in particolar modo la World Anti-doping Agency (Wada) di Montreal, che in qualche laboratorio si sta provando a sperimentare procedure di trasferimento di materiale genetico o di fattori di crescita per ottenere un potenziamento della prestanza muscolare.

 

Questa convinzione ha spinto la WADA a finanziare il Laboratorio di medicina molecolare dell’università di Trieste, insieme all’Università di Firenze, di Milano e il Cnr di Pisa, per sviluppare, nell’arco di tre anni, metodi che consentano di riconoscere il doping genetico attraverso la rilevazione, nel sangue o nelle urine, di marcatori specifici. L’interesse della Wada è per un gene che esercita un effetto ipertrofizzante anche sulle cellule muscolari.

 

La mia competenza nel campo delle malattie genetiche – spiega Marcello Arca, Dipartimento di Clinica e terapia medica dell’Università di Roma La Sapienza mi ha spinto a proporre alla commissione uno studio per valutare in vitro metodologie applicabili per individuare manipolazioni genetiche finalizzate ad aumentare le prestazioni fisiche. Fondamentalmente l’ approccio è quello di realizzare applicazioni della terapia genica che consentano di introdurre nel paziente materiale genico proveniente da un altro organismo o costruito in laboratorio. Una procedura che può essere usata anche per fini dopanti, trasferendo fattori di crescita o altro materiale genico nell’ atleta“.

La metodologia sviluppata da Arca e colleghi e anche dal gruppo di ricerca guidato da Mauro Giacca, direttore del laboratorio di Medicina molecolare, è maturata da esperienze in ambito clinico-terapeutico, dove la terapia genica è utilizzata per migliorare la funzionalità cardiaca, piuttosto che trapianti di midollo osseo in presenza di leucemie.

 

Abbiamo pensato che i metodi – spiega ancora Arca – che servono per cercare Dna estraneo all’interno del Dna del ricevente, potevano essere utilizzati anche per individuare materiale genico estraneo nel sangue di un atleta. In questo senso abbiamo fatto esperimenti in vitro e il modello è sufficientemente attendibile per poter pensare di trasferirlo in vivo.

 

Queste tecnologie – conclude Giacca – si basano sulla variabilità genetica e cioè sul fatto che il Dna di due esseri umani differisce in alcuni tipi di sequenze che variano o possono essere ripetute più volte. Differenze che vengono utilizzate per riconoscere se c’è stato un trasferimento di dna da un individuo ad un altro“.

Un aggiornamento a questo argomento potete trovarlo nel seguente post:

Doping genetico, è già realtà? Il parere dell’esperto