Preservare la fertilità dopo la chemioterapia? E’ uno dei crucci più grandi per donne e uomini che intendono avere una famiglia dopo avere sconfitto il cancro. Un’equipe di medici israeliani ha messo a punto una pillola “sperimentale”. Vi sono speranze?
Da ciò che si evince dallo studio condotto dall’università di Tel Aviv, per le donne in particolare la risposta potrebbe essere positiva. In realtà il problema riguarda proprio loro e la conservazione della fertilità degli ovuli nelle ovaie. Non dobbiamo dimenticare che per un uomo conservare il proprio seme è decisamente più facile. Non vi è bisogni di particolari estrazioni. Basta, secondo tutti i canoni ed i protocolli stabiliti ufficialmente, effettuare una raccolta di sperma tramite l’eiaculazione. Per le donne la procedura è più invasiva e generalmente sebbene anche in tal senso siano stati raggiunti ottimi traguardi. La crio-congelazione di embrioni e di ovuli si sta sempre più perfezionando.
La possibilità di proteggere la naturale funzione delle ovaie anche dopo la terapia, e quindi la fertilità femminile, è però una strada che deve essere battuta ancora. Motivazione per la quale la ricerca israeliana è decisamente importante. Al momento è stata condotta solo su modello animale, ma i risultati, pubblicati sulla rivista di settore Science Translational Medicine, potrebbero aprire la strada ad un farmaco funzionante anche sull’essere umano.
Questo medicinale, ovviamente solo ancora sperimentale, ha mostrato di essere in grado di proteggere le ovaie durante la terapia. AS101, questo il suo nome, riesce a contrastare gli effetti del ciclofosfamide, mantenendo la fertilità murina. La chemioterapia aumentava il numero dei follicoli attivati in crescita nelle ovaie, rendendoli vulnerabili alle dosi successive della cura, che li uccideva letteralmente dividendone le cellule. Il farmaco è stato in grado di limitare tale reazione, facendo in modo che si attivassero meno follicoli e la fertilità preservata. Una strada percorribile che i ricercatori sperando di trasportare con successo anche sul modello umano.
Fonte| STM
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