Un vaccino contro le malattie metaboliche come il diabete di tipo 2 e l’aterosclerosi potrebbe essere tra qualche tempo disponibile a livello clinico. Una formulazione utile in tal senso è stata messa a punto dai ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria.
La squadra di ricercatori guidata da Massimo Clementi, Roberto Burioni ( San Raffaele) e Filippo Canducci (Insubria) ha pubblicato sulla rivista di settore Scientific Report lo studio relativo al vaccino, da loro messo a punto e sperimentato sui topi, atto a “immunizzare l’organismo” nei confronti di alcuni batteri cattivi possibili da riscontrare nella flora intestinale. Si parla di microrganismi presenti in numero troppo alto in coloro che seguono una dieta non equilibrata troppo ricca di zuccheri e grassi. Il preparato creato è in grado su modello murino di aumenta la produzione di globuli bianchi che gestiscono la risposta immunitaria riducendo l’infiammazione. Tutto, come spiegano gli autori, è nato dalla volontà di comprendere in modo completo. Commentano gli scienziati:
È noto che la dieta occidentale, ricca di grassi e povera di fibre, altera la flora batterica favorendo la crescita di determinati batteri e sfavorendone altri. Alcuni di questi batteri però, se presenti in soprannumero, attivano il sistema immunitario, avviando il processo di infiammazione e favorendo l’insorgenza di malattie metaboliche e cardiovascolari.
Lavorando sulle cavie in laboratorio e sul vaccino messo a punto, si è potuto notare come i topi trattati mostrassero sia una riduzione sensibile dell’infiammazione, un livello più basso di zuccheri nel sangue e un andamento più lento della formazione di placche aterosclerotiche. Un risultato che potrebbe effettivamente portare al raggiungimento di un nuovo approccio nei confronti delle malattie metaboliche, in alcuni casi causate o aggravate da uno scorretto stile di vita.
Soprattutto per ciò che concerne l’aterosclerosi ed il diabete di tipo 2 un vaccino in grado di modificare in modo così profondo il trattamento alla patologia rappresenterebbe una svolta salvavita per i pazienti.
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