Sono 3 milioni gli italiani malati di diabete: il 59% dei quali ha più di 65 anni, il 33,7% è compreso tra i 45 e i 65 anni, oltre il 7% ne ha meno di 35 anni. Il costo annuale di un diabetico per il servizio sanitario nazionale è di 2.589 euro, così suddivisi: il 31% della quota serve a coprire i farmaci, il 42,9% per i ricoveri dovuti alle complicanze, il 18,9% per prestazioni specialistiche e diagnostiche.
La percentuale di diabetici in cura con ipoglicemizzanti orali è del 61,3%, il 17,7% si cura con insulina, il 9,5% utilizza entrambi i trattamenti e l’11,5% usa solo interventi sullo stile di vita. La percentuale di diabetici di tipo 2 che è obesa si attesta sul 35%, meno del 20% risulta normopeso.
Il trapianto di isole pancreatiche rappresenta al momento l’unica terapia in grado di guarire il diabete di tipo 1, ripristinando il normale metabolismo degli zuccheri. Si effettua iniettando nel paziente specifiche cellule del pancreas, le isole di Lagerhans – agglomerati di cellule all’interno del pancreas che secernono ormoni diversi: oltre alle cellule produttrici di insulina, le beta, ci sono le cellule alfa che che producono glucagone, un ormone peptidico implicato nel metabolismo del glucosio.
Molto impegnativa è la loro estrazione da donatore cadavere senza danneggiarne le cellule. E’ un procedimento complesso e, anche quando va tutto bene sono necessarie due, a volte tre infusioni per raggiungere il numero di cellule necessarie per poter fare a meno dell’insulina. Nonostante i recenti progressi, il trapianto non è adeguato a tutti i pazienti e presenta problemi che ne riducono il successo a lungo termine a causa della reazione di rigetto dell’organismo ricevente verso le cellule trapiantate o di una ripresa del processo di distruzione delle cellule beta.
I pazienti trapiantati devono assumere a vita farmaci antirigetto e immunocompressori – globuline antilinfocitarie, rapamicina, micofenolato – che generano un aumento di rischio oncologico del 6% su dieci anni e impongono controlli costanti per ferificare la tossicità su fegato e reni. Tale trapianto, ancora nella fase sperimentale, si effettua al San Raffaele Diabetes Research Institute mentre all’estero lo si esegue in pochi centri, tra cui le Università di Ginevra, Bruxelles, Lille e Uppsala.