Sembra che, esista un legame molto profondo tra vista e udito, che si attiverebbe anche attraverso quello che vediamo. A sostenerlo, è uno studio pubblicato recentemente su “Scientific Reports”, condotta dal gruppo di ricerca di Alice Mado Proverbio docente di Psicobiologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con Alberto Zani dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Milano.
Del resto, anche i cineasti dell’epoca del muto, avevano scorto una relazione tra informazioni visive e quelle uditive. Vedere, ad esempio, una fotografia dove è ritratto un trombettista che soffia nello strumento con le guance gonfie, in soli 110 millesecondi, è in grado di attivare il giro temporale superiore (BA38), cioè la regione cerebrale associata alla percezione uditiva, implicata anche nelle allucinazioni uditive. Chiaramente, tutto questo non si verifica quando l’immagine è priva di riferimenti sonori.
Come spiega Alice Mado Proverbio:
Questo meccanismo si basa sui neuroni specchio audiovisivi e consente al nostro cervello, per esempio, di ricavare l’immagine di un gatto ascoltando il suo miagolio o la voce di una persona guardando una sua foto. I neuroni audiovisivi sono responsabili anche di fenomeni quali le allucinazioni uditive, se sollecitati da stati emotivi particolari come la paura. Basti pensare a quando, condizionati dal buio, crediamo di avvertire rumori che temiamo – scricchiolii, rumore di passi – nonostante il perfetto silenzio.
All’esperimento, hanno partecipato 15 studenti universitari, sia di sesso femminile, che maschile, e senza alcun disturbo di carattere neurologico e psichiatrico, e che non avessero assunto droghe o farmaci. Mentre su uno schermo apparivano 300 fotografie colorate per circa 1 secondo a intervalli di 1.500–1.900 millisecondi, il campione è stato addestrato ad eseguire un compito secondario rispetto agli stimoli indagati, come ad esempio, premere un pulsante alla vista di una gara ciclistica. Nonostante le immagini presentassero caratteristiche molto affini, dal punto di vista di grandezza, soggetti, luminosità, valore affettivo, solo la metà evocava un suono specifico, quale il pianto di un bambino o quello delle campane.
I risultati ottenuti, grazie alla tecnica “Low-resolution resolution electromagnetic tomography”, hanno dimostrato come il cervello sia in grado di estrarre informazioni associate ai suoni attivando la corteccia temporale superiore, il giro temporale inferiore e medio e, poco dopo, anche la corteccia uditiva primaria (BA41), allo stesso modo dei suoni percepiti realmente o delle allucinazioni uditive.