Un nuovo passo in avanti è stato compiuto nella conoscenza delle cellule staminali e in particolare di quelle cerebrali: è stato infatti scoperto il meccanismo che consente loro di rimanere “sempre bambine” e “aggrappate” alla loro nicchia o di staccarsi per diventare adulte e differenziarsi in altri tipi di cellule del nostro organismo.
Lo studio, pubblicato sulla rivista di settore Nature Cell Biology è stata coordinata dai ricercatori Anna Lasorella e Antonio Iavarone, entrambi attualmente impiegati presso il Columbia University Medical Center di New York. A livello strettamente medico questa scoperta offre alla scienza medica dei nuovi indizi su come avviene lo sviluppo delle cellule del cervello, sia normale sia anomalo, dando modo quindi agli scienziati di intraprendere nuove strade verso terapie di tipo rigenerativo nei confronti di patologie neurologiche gravi.
Ciò che i due ricercatori italiani hanno rilevato, rappresenta anche un ottimo punto di partenza per nuovi studi sul tumore al cervello, fattore scaturente dalla similarità presente tra le cellule staminali normali e quelle cancerose. Il team di scienziati ha basato la sua ricerca da studi pregressi che hanno già dimostrato come le cellule staminali risiedono in microambienti particolari dove restano sempre “bambine.
Spiega il dott. Iavarone:
Da queste ricerche sappiamo che quando le staminali si staccano dalla loro nicchia perdono la loro identità di staminali e iniziano a differenziarsi in tipi specifici di cellule. Tuttavia il meccanismo che regola l’interazione delle staminali con la loro nicchia era finora oscuro.
I ricercatori hanno illustrato cosa accade alle cellule staminali nel cervello. Quest’ultime sono regolate naturalmente in modo tale che all’occorrenza un numero di cellule bambine venga “rilasciato” dalla propria nicchia per popolare delle specifiche aree dell’encefalo. I due coordinatori già in passato si erano concentrati su questo particolare processo, e nello specifico sul ruolo delle proteine Id (conosciute anche come inibitori di differenziazione, N.d.R.), adibite alla regolazione delle varie proprietà delle cellule staminali.
In questo studio la squadra di scienziati si è impegnata nel capire come questi protidi siano in grado di dar modo alle staminali di non differenziarsi, utilizzando il modello animale. E’ stato scoperto che gli inibitori regolano la produzione di un’altra proteina, la Rap1GAP, che regola a sua volta la Rap 1, gene chiave alla base dell’adesione cellulare.
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Fonte: Nature Cell Biology