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Sla, primo trapianto di staminali cerebrali nel midollo spinale

 E’ stato eseguito il primo trapianto di cellule staminali del cervello nel midollo spinale di un paziente affetto da Sla, sclerosi laterale amiotrofica. Un intervento che potrebbe segnare la svolta decisiva per la lotta contro la patologia e che rientra in un trial clinico di sperimentazione dedicato. Si tratta del primo di diciotto trapianti da eseguire all’interno dello stesso studio in corso.

L’evento è avvenuto lo scorso 25 giugno quando la squadra di specialisti guidata dal Prof. Angelo Vescovi, direttore dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Pio di San Giovanni Rotondo e dalla dr.ssa Letizia Mazzini, Responsabile del Centro SLA dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara ha trapiantato le cellule prodotte nella Banca delle Staminali Cerebrali di Terni all’interno del midollo spinale del paziente prescelto.

L’equipe ha potuto contare anche sull’appoggio del neurochirurgo Nicholas Boulis, proveniente dall’Emory University Clinic di Atlanta in Georgia. La tecnica utilizzata è di totale appannaggio italiano, messa a punto dal prof. Vescovi nel 1996. Si tratta del primo trapianto al mondo che utilizza cellule staminali cerebrali ottenute senza alcun problema di tipo etico.  Esse sono state, infatti, ottenute da un “frammento di tessuto cerebrale prelevato da un singolo feto deceduto per cause naturali”, utilizzando una procedura molto simile a quella in attuale utilizzo in caso di donazione volontaria di organi negli individui adulti.

Le cellule del feto donatore saranno sufficienti per coprire sia questa sperimentazione che quelle successiva che la squadra di medici sta organizzando per altre malattie neurodegenerative, in collaborazione con cliniche europee e statunitensi.

Il paziente in questione, affetto da sclerosi laterale amiotrofica dall’età di 31 anni, è stato sottoposto a tre iniezioni di staminali, ognuna contenente poco meno di “due milioni e mezzo di cellule staminali cerebrali”, in prossimità dei motoneuroni, le cellule che muoiono progressivamente a causa della malattia.

La sperimentazione è ancora alla fase I, ovvero quella concernente l’accertamento della “non pericolosità” della procedura. Per avere la certezza dei risultati ottenuti vi sarà bisogno di un follow up di diversi anni.

Fonte: Neurothon