Il virus Zika ha mostrato in questi mesi quali possono essere le conseguenze che colpiscono gli adulti se contagiati. Uno studio condotto dall’Organizzazione mondiale della Sanità illustra ora, nello specifico, quali sono gli effetti dell’agente patogeno sui neonati.
La conseguenza più conosciuta e pubblicizzata dell’infezione da virus Zika sui neonati è la possibilità di sviluppare microcefalia. Ma non è l’unica. Pure essendo in molti casi la Zika asintomatica o simile ad un’influenza nella sua manifestazione, le conseguenze che il contagio può comportare possono essere molto gravi. A farla da padrone in questo caso sono principalmente effetti di tipo neurologico e genetico: questo perché il virus ha la capacità di attaccare con facilità i progenitori delle cellule neuronali ed i neuroni stessi, danneggiandoli.
Oltre alla microcefalia, già ampiamente discussa da diversi studi pregressi, si possono sviluppare sproporzioni cranio-facciali, spasticità, convulsioni, irritabilità e deformazioni oculari o del cranio in grado di impedire al bambino anche un atto normale come quello dell’alimentarsi.
Grazie alle tecniche di neuroimaging è stato possibile verificare come il feto possa sviluppare disordini corticali, ventricolomegalia e calcificazioni del cervello. Ovviamente tutte queste manifestazioni possono essere più o meno gravi e pronunciate: in alcuni casi, spiega l’Organizzazione mondiale della Sanità, un bambino può avere una circonferenza cranica normale e sviluppare gravi problemi neurologici e sebbene si tratti di dati ancora preliminari, sono state riscontrate anche malformazioni all’apparato urogenitale, cardiaco e gastrointestinale.
I ricercatori sostengono che si debba parlare di una vera e propria sindrome sulla quale si impegneranno a lavorare per definirne l’ampiezza e le caratteristiche. Per il momento sottolineano come questi effetti appena descritti siano correlabili non casualmente con il virus Zika e di come sia necessario monitorare le nascite nei paesi colpiti in modo più predominante dall’infezione. Solo in questo modo sarà possibile stabilire con precisione l’effettivo rischio di problematiche correlate al contagio della malattia.
Fonte | OMS
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