L’epatite C è una delle malattie virali più gravi che possano colpire il fegato. Negli ultimi tempi, attraverso studi dedicati, gli scienziati hanno cercato di mettere il punto sulla ricerca di un principio attivo in grado di approcciarsi alle infezioni croniche per le quali i medicinali tradizionali non sortivano più effetto. Il telaprevir non solo ha confermato la sua efficacia in diversi studi, ma ha dimostrato di essere efficace anche in casi di cirrosi epatica da HCV.
L’annuncio è stato dato nel corso del recente meeting annuale dell’American Association for the Study of Liver Disease (AASLD), nel quale i responsabili degli studi attualmente in corso hanno dimostrato l’effetto positivo di questa molecola sui pazienti per i quali non vi era pià sbocco terapeutico.
Ancora una volta ad essere risultato efficace è stata la combinazione tra il telaprevir, l’interferone pegliato e la ribavirina: il mix ha portato ad una percentuale di guarigione del 47% della cirrosi da epatite c nei pazienti di genotipo 1. Parliamo di una percentuale importante anche se non paragonata al 10% di guarigioni derivanti dall’utilizzo dell’interferone e della ribavirina.
Dobbiamo ricordare infatti che l’HCV nella maggior parte dei casi è una malattia epatica grave, ma curabile. Il problema sorge quando, non adeguatamente trattata sul lungo termine, si scatenano delle conseguenze come la cirrosi, in grado di causare l’insufficienza epatica: una patologia che può risultare fatale per l’organismo. Come spiega il prof. Stanislas Pol, capo della sperimentazione relativa al telaprevir:
Nell’anno in corso abbiamo assistito a progressi significativi nel trattamento dell’infezione da HCV grazie alla disponibilità di antivirali ad azione diretta (DAAs), incluso telaprevir. Si tratta di novità ancor più importanti per quei pazienti che hanno vissuto gli effetti gravi della malattia, come ad esempio la cirrosi epatica. Lo studio dimostra che telaprevir ha mantenuto un’efficacia superiore al trattamento con i soli interferone pegilato e ribavirina anche in un gruppo di pazienti, cirrotici, tipicamente più difficili da trattare.
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