La resistenza agli antibiotici è ormai divenuta una “minaccia” globale. La capacità dei batteri di resistere al loro principale antagonista sta preoccupando in maniera più che sostanziale gli esperti di tutto il mondo, i quali parlano ormai di minaccia quasi apocalittica.
L’antibiotico-resistenza viene infatti comparata, per impatto, a quello che potrebbe essere causato da un’inondazione, da un attacco terroristico o da una epidemia influenzale mondiale. Il problema consta nel fatto che il punto di non ritorno in tal senso potrebbe palesarsi molto prima di ciò che si pensa. Nell’ultimo rapporto dell’World Economic Forum sul tema, gli scienziati hanno sottolineato come sempre di più, a causa di un uso indiscriminato di antibiotici da parte della popolazione, i batteri siano stati in grado di modificare loro stessi fino al punto da rendere inoffensivi alcuni tipi di farmaci.
Negli scorsi mesi abbiamo potuto costatare come sempre più ricercatori stiano spingendo i loro sforzi verso lo studio di quelle “soluzioni naturali” che i medici stavano sperimentando prima della scoperta degli antibiotici, al fine di possedere un’arma davvero efficace contro gli agenti patogeni in caso di perdita di efficacia definitiva dei suddetti farmaci. Immaginate le ripercussioni che la resistenza agli antibiotici potrebbe avere sui pazienti ospedalizzati in fase post-chirurgica: si potrebbe arrivare ad un “ritorno al passato”, quando bastava una semplice ferita infettata per rischiare la vita. E’ la mutazione dei batteri a rappresentare il vero pericolo: e la stessa accade quando l’agente patogeno si modifica per rispondere al persistente contatto con il farmaco.
La creazione di nuovi antibiotici può essere un palliativo, ma non può rappresentare che una parte della soluzione. Contestualmente anche la popolazione deve smetterla di “giocare” con gli antibiotici, limitando il loro utilizzo solo ai casi davvero necessari. E’ solo attraverso questo lavoro di concerto che possiamo pensare di combattere questo problema sempre più presente.
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