La Sars e la Mers, conosciuta anche come nuova Sars, sono due patologie derivanti dal coronavirus che rispettivamente hanno messo ( e potrebbero mettere) a rischio la salvaguardia della popolazione nel 2003 e nel 2013. Di quest’ultima sappiamo ancora poco, però. Uno studio pubblicato sulla rivista di settore The Lancet Infectious Diseases ha tentato di far luce sulle differenze.
Nello specifico la ricerca condotta dal ricercatore Christan Drosten con la sua squadra di scienziati ha dato modo di creare un completo profilo virale accompagnato da una descrizione clinica soddisfacente della malattia. Tutto ciò si è reso necessario a causa del pericolo rappresentato dalla Mers. La nuova Sars è infatti considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una potenziale pandemia. E conoscere in modo approfondito il virus potrebbe aiutarci ad evitare una possibile diffusione a macchia d’olio della stessa.
In questo caso lo studio si è basato sul contagio di un uomo di 73 anni di Abu Dhabi deceduto a Monaco di Baviera. Nel suo caso il decorso della malattia è durato poche settimane. Il paziente è stato ospedalizzato due giorni dopo la comparsa dei sintomi per una polmonite. E’ stato sottoposto a ventilazione artificiale e ad una terapia a base di antibiotici . Il trasferimento a Monaco di Baviera è stato deciso dopo 12 giorni nei quali la patologia non ha mostrato segni di regressione ma un peggioramento. La morte è sopravvenuta circa sei giorni dopo, in seguito ad insufficienza renale e peggioramento dei sintomi respiratori. Registrando in Germania la carica virale ogni giorno è stato possibile riscontrare il virus nell’apparato respiratorio inferiore con valori molto alti, ed in seguito, sebbene in modo molto minore, anche nelle urine e nelle feci. Non è stato invece riscontrato nel sangue. Secondo i medici la presenza nell’urina spiegherebbe la capacità di replicazione all’interno dei reni e la successiva insufficienza renale.
E’ in questo che sorgono le prime differenze con la Sars. Essa infatti veniva scoperto in alte concentrazioni nelle feci. Questo sottintende, secondo i ricercatori, un differente modo di circolazione del coronavirus nell’organismo. Per saperne di più sarà necessario di raccogliere un maggior numero di dati genetici relativi al contagio umano.
Fonte | The Lancet Infectious Diseases
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