Il botox efficace contro l’emicrania? Quella che qualche anno fa sembrava solo un’ipotesi è stata in questi giorni presentata e confermata ancora come un trattamento efficace per la forma cronica di questa malattia e di almeno altri tre disordini neurologici.
L’American Academy of Neurology ha fatto sapere di aver aggiornato in tal senso le sue linee guida. Il batterio del botulino, pericoloso per la nostra salute è in grado di creare delle tossine che se opportunamente lavorate possono essere sfruttate in campo medico. Lo abbiamo visto con i filler estetici in grado di agire sulle rughe spianandole e lo vediamo ora con l’emicrania: il botox è infatti in grado di ridurre la contrazione dei muscoli ed il dolore agendo direttamente sulla sua trasmissione cerebrale.
Secondo i neurologi tutte e quattro le preparazioni di botulino al momento utilizzabili negli Stati Uniti sono da considerare generalmente prive di rischi ed efficaci per ben 4 malattie: l’emicrania cronica, la distonia cervicale, il blefarospasmo e la spasticità negli adulti. Cosa è effettivamente l’emicrania cronica? Essa consiste in nell’avere attacchi di questa malattia per circa 15 o più giorni al mese. Perché si è deciso di validare ora il botox come cura? L’ultima volta che le linee guida della Neurologia sono state aggiornate ancora non vi erano abbastanza informazioni per raccomandare questo particolare farmaco ottenuto dalla tossina come strumento per combattere l’emicrania.
Ovviamente una simile terapia deve essere opportunamente decisa e verificata con uno specialista e valutata in sede di controllo. In Italia, forse molte persone lo ignorano ancora, da diverso tempo l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco, N.d.R.) ha dato il via libera a questo particolare tipo di trattamento per le patologie sopra descritte. Per poter accedere a questo tipo di approccio terapeutico è però necessario rivolgersi ad uno dei centri specializzati in emicrania presenti sul territorio dove, dopo aver eseguito gli opportuni accertamenti sarà possibile verificare la compatibilità con il trattamento.
Fonte | UPI
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