Errori nella lettura e nella scrittura, lentezza e fatica nelle attività scolastiche. È così che di solito si manifesta la dislessia, un disturbo specifico dell’apprendimento.
«I primi segnali di allarme compaiono di solito intorno ai sei anni»
spiega Enrico Ghidoni, neurologo all’Arcispedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia impegnato da anni nell’Associazione italiana dislessia (AD).
«È difficile dire con esattezza quanti bambini e ragazzi soffrono di dislessia in Italia»
ammette l’esperto
«perché alla gran parte di loro il disturbo non viene diagnosticato»
Si stima che ci siano circa un milione e mezzo di dislessici, nel nostro Paese. Ma tre su quattro non lo sanno.
«La diagnosi è il primo, grosso, problema a cui vanno incontro le famiglie italiane»
afferma Ghidoni
«perché la situazione varia parecchio da regione a regione»
Ci sono Asl che non dispongono di personale qualificato.
«E poi c’è il capitolo scuola: molti insegnanti, ancora oggi, sottovalutano il problema. Per ignoranza, certo, ma anche per un ritardo culturale che, in generale, c’è nel nostro Paese nei confronti della dislessia. Con la nuova legge, in discussione in Parlamento, il quadro dovrebbe cambiare in meglio. Se il testo sarà approvato»
spiega Ghidoni
«le scuole saranno obbligate ad aiutare questi ragazzi, la diagnosi diventerà un diritto e ci saranno agevolazioni anche per i genitori che dovranno seguirli».
Quando la dislessia non viene riconosciuta per tempo si possono ingenerare parecchi problemi, anche seri. Bassa autostima e disturbi psicologici che condizionano la vita futura.
«Basti pensare che molti, se non vengono aiutati, finiscono da adulti per scegliere professioni di basso profilo, dove lettura e scrittura non sono necessarie. Nonostante siano intelligenti come gli altri»
Basterebbe poco, infatti, per aiutarli!
«Non sono necessari insegnanti di sostegno»
puntualizza il neurologo
«perché la dislessia non è un handicap. Sarebbe sufficiente formare gli insegnanti di classe per far sì che sappiano come comportarsi durante le normali lezioni ed evitare così di trascurare le legittime necessità dei bambini dislessici»