Per curare adeguatamente i pazienti affetti da depressione e da disturbo bipolare, una diagnosi precoce e precisa è il miglior mezzo per ottenere dei risultati concreti. Uno studio condotto dai ricercatori in Psichiatria dell’Università Cattolica di Roma in collaborazione con gli atenei di Bari e Bologna ha consentito di validare, in tal senso, la scala di Berk.
Questo strumento diagnostico è quello principalmente utilizzato all’estero per misurare lo stato di depressione in coloro che sono affetti da disturbo bipolare. Si è praticamente giunti ad una “traduzione” in Italiano di questa scala che prende il nome dal suo inventore, il prof. Michael Berk dell’Università di Melbourne. Il suo schema di valutazione, chiamato BDRS (acronimo di Bipolar Depression Rating Scale, N.d.R.) permette di verificare l’intensità e la gravità del disturbo. Si tratta di un mezzo di recente costituzione e come tale utilizzato specificatamente dall’esperto e da altri pionieri del settore. La traduzione italiana, coordinata dal dal prof. Luigi Janiri, direttore della Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università Cattolica di Roma, consentirà anche ai nostri psichiatri di poter contare su un approccio nuovo e valido a questa patologia.
Dobbiamo ricordare che vi è una sottile differenza tra la depressione intesa in senso generico e lo specifico disturbo bipolare. La depressione classica ed “unipolare” è quell’insieme di sintomi che colpiscono lo stato d’animo, il pensiero e il fisico della persona e la rendono triste, apatica e spesso autolesionista. Nel nostro paese ne soffrono circa 8 milioni di persone. Il disturbo bipolare è invece meno diffuso sia per incidenza che per conoscenza. Ne soffre circa il 2,5% della popolazione mondiale e si tratta di una malattia non solo difficile da curare, ma soprattutto da diagnosticare. I pazienti che ne soffrono infatti, mostrano un’alternanza di periodi di benessere, di depressione e di espansione affettiva molto potente.
Il riconoscimento italiano della scala di Berk è un grande passo avanti verso la gestione di questa patologia.
Prof Michael Berk-Università di Melbourne
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