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Calo di vitamina D: linee guida per farla risalire

 La vitamina D è una componente molto importante per il corretto funzionamento del nostro organismo. Particolarmente rilevante per la sanità del nostro apparato scheletrico, con la mancanza di esposizione alla luce solare derivante dall’arrivo dell’inverno i suoi valori tendono a scendere, mettendo sia i più giovani che i più anziani a rischio. Ad aiutarci nel comprendere come far risalire i suoi livelli ci pensano delle linee guida da poco composte.

Il punto principale sul quale quest’ultime si fondano è la voglia di cambiare l’approccio diretto al paziente, dando modo agli specialisti ma anche ai medici di famiglia, tutti gli strumenti necessari per abbattere in maniera sostanziale tutti i problemi derivanti dalla mancanza di adeguati livelli di vitamina D. Ci spiega meglio di dott. Salvatore Minisola, della Società Italiana dell’Osteoporosi del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro, uno degli autori delle linee guida:

La pubblicazione delle Linee Guida della vitamina D ha lo scopo di far emergere il problema dell’insufficienza e della sua importanza per la salute scheletrica e numerose altre funzioni. In questo modo, individuare le condizioni di carenza e trattarle sarà un obiettivo terapeutico facilmente raggiungibile.

Tra le prime cose indicate nelle linee guida vi è quello di abbattere i luoghi comuni. Il passeggiare nel corso della pausa pranzo all’aperto non basta a dar modo al nostro organismo di assimilare in maniera adeguata questa vitamina. Gli esperti hanno infatti specificato che al di sopra del 37° parallelo (che passa all’altezza della città di Catania, n.d.r.) non vi è modo di produrre “adeguate quote di vitamina D attraverso l’irradiazione solare”.  Un fattore questo che si aggiunge allo “schermo” creato dall’inquinamento atmosferico che già da solo inficia sostanzialmente l’intero processo.

Non devono sentirsi a posto, spiegano ancora le linee guida, nemmeno coloro che questa estate sono tornati abbronzati. La maggiore abbronzatura non significa maggiore assunzione di vitamina d. Tutt’altro. L’esposizione ai raggi solari dovrà essere tanto più alta quanto il corpo è abbronzato. L’abbronzatura funziona, grazie alle maggiori dosi di melanina, come uno schermo protettore.

Altro consiglio: non affidarsi solamente alla dieta. Difficilmente infatti gli italiani mangiano tre volte a settimana salmone e sgombro, due degli alimenti che contengono le più alte dosi di vitamina D. Come ovviare quindi al problema? Le linee guida sono chiarissime su questo punto: bisogna effettuare sul paziente una attenta anamnesi al fine di valutarne i livelli di vitamina D e provvedere ove necessario, ad una integrazione di tipo farmacologico.

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Fonte: Siomms