HIV: il rischio contagio raddoppia in gravidanza

Le giovani donne in età riproduttiva sono tra quelle a più alto rischio di contrarre l’HIV, e molti studi hanno suggerito che le donne durante la gravidanza sono ancora più suscettibili alle infezioni rispetto alle condizioni normali. Ora, un nuovo studio dimostra che la gravidanza è un momento in cui anche gli uomini sono a maggior rischio. In realtà, il loro rischio raddoppia se il loro partner ha l’infezione da HIV ed è incinta.

I risultati sono stati presentati ieri alla Conferenza Internazionale sui microbicidi (M2010) a Pittsburgh, Usa, con i risultati di uno studio pilota che è il primo a chiedere se utilizzare un microbicida durante la gravidanza è sicuro per le donne e i loro bambini. I microbicidi, sostanze applicate localmente sulla parte interna del retto o della vagina, sono a volte utilizzate per proteggere le donne contro l’HIV.

Tra il 70 e il 90% di tutte le infezioni da HIV nelle donne viene acquisito attraverso rapporti eterosessuali, e le donne hanno due volte più probabilità dei loro partner maschi di acquisire l’HIV durante il sesso. Questa differenza in parte è dovuta a fattori biologici che le rendono più suscettibili, ed in parte è causata dall’essere in gravidanza. Sebbene l’uso corretto e coerente dei preservativi maschili ha dimostrato di prevenire l’infezione da HIV, le donne spesso non possono o non vogliono utilizzarlo.

Aids, una nuova tecnica potrebbe bloccare la trasmissione madre-figlio

Utilizzando dei farmaci già in commercio, ma conservati in confezioni simili a quelle degli alimenti, le madri sieropositive nei Paesi in via di sviluppo potranno più facilmente fornire protezione ai loro figli nati in casa. Gli ingegneri biomedici della Duke University hanno sviluppato un sistema economico e facile da usare che permette alle madri di dare ai loro neonati una dose potenzialmente salva-vita di un farmaco anti-HIV poco dopo la nascita. Ciò è particolarmente importante in quanto questi farmaci possono essere reperibili solo in cliniche o ospedali, che possono essere a giorni di distanza da una madre in procinto di partorire.

La tempistica è fondamentale per il neonato. Per essere efficace, il farmaco, conosciuto come Nevirapina, deve essere inoculato nel neonato entro i primissimi giorni di vita. La difficoltà dunque riguarda le madri che partoriscono in casa e che sono lontane dagli ospedali. Poiché la maggior parte delle madri non è in grado di viaggiare per ottenere i farmaci, gli ingegneri biomedici hanno sviluppato un modo di fornire il farmaco in modo semplice e duraturo: confezionandoli in sacchetti in lamina e plastica che possono contenere una singola dose di Nevirapina.