Torna a camminare dopo tanti anni di paralisi. Non si tratta di un miracolo, né di una magica cura per dare a chi è paraplegico la possibilità di camminare. La storia di medicina che vi stiamo per raccontare è però un passo in avanti nella conoscenza del problema e della sua gestione.
La storia di questo paziente è stata raccontata all’interno della rivista di settore Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation e racconta di come un uomo paralizzato da 5 anni con tanto allenamento e con degli elettrodi speciali collegati ad un ingegnoso sistema che trasferisce gli stimoli elettrici del cervello ai muscoli, sia riuscito a muoversi da solo per circa 4 metri.
Si tratta di una sperimentazione unica nel suo genere avvenuta presso l’Università della California ad Irvine all’interno di uno studio coordinato dal dottor Zoran Nenadic. Grazie al lavoro della sua squadra ed una speciale tuta, l’EEG prende i segnali elettrici del cervello e li convoglia su elettrodi piazzati sui muscoli delle gambe che ricevono l’input a muoversi come attraverso un nervo. Ovviamente perchè il paziente fosse pronto sono serviti sia un allenamento cognitivo per la gestione delle aeree del cervello giuste (con un avatar in una realtà virtuale, N.d.R.) sia uno fisico affinché i muscoli delle gambe non gli si atrofizzassero.
I 3,66 metri raccontati nell’articolo scientifico sono stati raggiunti dopo 19 settimane di prove ed allenamento. Ciò che vogliono sottolineare i ricercatori è la capacità del cervello di produrre le onde elettriche necessarie al movimento nonostante la paralisi. Spiegano infatti:
Anche dopo anni da un trauma che ha provocato una paralisi, il cervello può produrre onde elettriche in grado di indurre i muscoli ad attivarsi e le gambe a muoversi, recuperando un controllo intuitivo degli arti senza l’uso di alcun apparecchio invasivo. Se l’approccio si confermerà valido, si potrebbe pensare di inserire impianti cerebrali nei pazienti per raccogliere i segnali elettrici del cervello in maniera più precisa.
Ecco perchè l’esperienza di questo paziente è importante: non perché sia miracolosa o in grado di dare risposte immediate, ma perchè capace di segnare una seria strada da percorrere per approcciare la paralisi.
Photo Credit | Università della California – Irvine