Il suicidio assistito, l’eutanasia e la libertà di scelta: parole forti, importanti. La scelta di Lucio Magri ci ha riportato ad una realtà crudele, ci ha svegliato dal torpore ideologico in cui la fase di crisi economica sembra averci trascinato. Un uomo che ha sempre vissuto con forza e coraggio la sua vita, ha scelto così di morire attraverso il suicidio assistito, in silenzio, nella speranza di ritrovare la serenità persa con la morte della moglie per un tumore, cosa che lo aveva fatto cadere in una depressione profonda.
Ogni anno nel mondo un milione di suicidi
I casi di suicidio sono in aumento ed è un fenomeno che va combattuto, sicuramente, ma poi esiste anche la lucida libertà di scelta, sul come e quando. Sinceramente mi trovo in difficoltà a prendere emotivamente una posizione, anzi, forse non voglio farlo, preferisco lasciarmi andare ad una riflessione. Soprattutto non voglio ragionare sul caso singolo, assolutamente: ogni scelta individuale va totalmente rispettata, anche se qualcosa si può e si deve fare per evitare che a questa scelta si arrivi.
Eppure nel mondo, secondo i dati dell’OMS ogni anno 1 milione di persone si toglie la vita. Quanti di loro, gettandosi da un balcone (come il regista Mario Monicelli, esattamente un anno fa…), altri con il gas rischiando di far saltare una palazzina, o altri ancora con veleni o altre metodiche che provocano anche sofferenze atroci? La cronaca ci parla anche del suicidio di persone molto giovani. Sono tutte morti in solitudine e molti avrebbero scelto il suicidio assistito, proprio come ha fatto Magri, in compagnia di un amico.
Ma cosa si intende con “suicidio assistito”?
Una morte dolce, assistita da un medico in una struttura protetta a cui una persona ha deciso di rivolgersi per morire, tramite suicidio. E’ diversa dall’eutanasia caratterizzata da un gesto altrui, come la somministrazione di una dose di morfina elevata o come si dice in gergo drastico “staccando la spina”. In questo caso i medici ed i sanitari assistono il suicida per gli aspetti riguardanti il ricovero, la preparazione delle sostanze letali, ecc. E’ comunque la persona che sceglie e non un familiare od un medico per lui. Ed è lui che agisce. Tutto ciò provoca a livello internazionale ormai da anni un serio ed animato dibattito, sul limite che debba avere la libertà di scelta. Le implicazioni etiche, oltre che religiose sono pressanti.
Eppure in molti Paesi del mondo il suicidio assistito é legale , benché regolato da rigide condizioni. Accettabili, giuste, compresibili. Senza andare troppo lontano, oltre la Svizzera, il suicidio assistito è permeso in Belgio, in Lussemburgo ed Olanda. Secondo alcuni dati pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet, la Svizzera sembra essere la più tollerante: qui 7 malati terminali su 10 avrebbero chiesto ed ottenuto una qualche forma di eutanasia o il suicidio assistito. Ma la depressione può essere considerata come una malattia terminale, e tutti quelli che arrivano al suicidio sono affetti da questa malattia psichiatrica o semplicemente hanno perso la forza e la voglia di affrontare il quotidiano?
Il suicidio assistito e le diverse forme di eutanasia
Dal punto di vista legale e di autorizzazione legislativa esistono delle differenze non solo tra suicidio assistito ed eutanasia, ma anche tra varie forme di eutanasia. Alcuni Paesi ne riconoscono alcune e non altre.
- Eutanasia Attiva diretta : consiste in una iniezione letale praticata da una persona per cessare immediatamente le sofferenze di un’altra. E’ considerata un reato assimilabile all’omicidio.
- Eutanasia Attiva indiretta: in questo caso si ha la somministrazione di un farmaco come la morfina che serve per alleviare il dolore e che se dato in dosi eccessive può condurre alla morte. E’ una delle prassi più praticate, in silenzio. Non specificatamente perseguibile perchè difficile da provare la volontarietà.
- Eutanasia Passiva: la scelta di non sottoporsi più a cure come nel caso Welby o di Eluana Englaro.
- Suicidio assistito: infine c’è poi questa soluzione in cui l’individuo assume da solo le sostanze che lo porteranno lentamente alla morte e l’assistenza come dicevamo dipende dal supporto del medico nel fornire le sostanze e le spiegazioni adeguate.
Ma la parola chiave è ancora una volta “libertà di scelta”.
E voi che ne pensate?
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