In Italia convivono con un tumore 1 milione e 800 mila persone. Se il numero dei nuovi casi è destinato ad aumentare – dai 250 mila stimati per il 2008 ai 270 mila previsti per il 2010 – la mortalità conferma la flessione. Oggi la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi – come certificato da recenti statistiche – è in media del 55%. Inutile dire che molte delle possibilità di maggiore o minore longevità dipendono dal tipo di tumore, dallo stadio in cui viene portato alla luce e dal sesso del paziente.
Un quadro dettagliato della questione lo forniscono le conclusioni a cui si è giunti nel corso del X Congresso nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica: la prognosi migliore si ha per il tumore al labbro che garantisce una sopravvivenza a cinque anni a quasi il 90% dei casi; a seguire, il melanoma della pelle – 79% negli uomini e 87% nelle donne – il cancro alla mammella (83%), al testicolo (88%), alla tiroide (80% negli uomini e 88% nelle donne), i linfomi di Hodgkin (80%), i tumori della prostata (78,5%) e del corpo dell’utero (76%).
A voler considerare quelli più letali – sempre considerando i cinque anni successivi alla diagnosi – tra i più pericolosi risulta essere il tumore al pancreas (sopravvivenza per il 5% negli uomini e per il 7% nelle donne), al fegato (10,5% per gli uomini e 11,5% per le donne), e al polmone per uomini e donne percentuali rispettivamente del 12% e del 15%). I dati sull’incidenza confermano i primati del tumore al colon-retto, al polmone, alla mammella e alla prostata. Anche la geografia – ovviamente non per motivazioni che vanno cercate nella politica – ha il suo peso: infatti, la sopravvivenza è garantita per un 10% in più nelle regioni del Nord e del Centro.