Sono circa 30.000 le donne italiane affette dal virus dell’HIV. E stando a un documento diffuso dall’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e dal Polo Universitario San Paolo di Milano per loro la gestione clinica della malattia è più complessa che per gli uomini. Così come la prevenzione.
Il 63.6% delle donne ammalate di AIDS ha contratto il virus per via sessuale, a seguito di un rapporto non protetto con un partner sieropositivo, nel 78.1% dei casi occasionale. Percentuali che scendono rispettivamente 22.7 e al 66.8% negli uomini. La causa risiederebbe in una bassa percezione del rischio di contagio, più marcata per le donne, alla quale segue un considerevole ritardo nel raggiungimento della diagnosi.
Il 60% delle persone affette dal virus dell’HIV scopre infatti di essere ammalato quando è ormai giunta la fase conclamata della malattia: sono i cosiddetti presenters, come afferma Antonella d’Arminio Monforte, docente di malattie infettive presso il San Paolo di Milano. Donne e uomini che non hanno mai sospettato di essere sieropositivi e giungono alle cura quando ormai è troppo tardi per arginare l’avanzare della malattia.
Un dato sconfortante se si pensa che per l’incidenza dell’AIDS conclamata si era registrata una tendenza al declino con l’introduzione della terapia antiretrovirale combinata (HAART). Tendenza che ha subito invece una battuta d’arresto nel 2007, nel corso del quale il numero di nuovi casi di AIDS è rimasto stabile rispetto al 2006.
Il documento stilato dai due istituti italiani si basa sulla revisione di tutti gli studi pubblicati in letteratura scientifica sul tema donne e AIDS. Nelle intenzioni degli esperti potrebbe essere la base per la costituzione del “Progetto Donna” un servizio assistenziale presente su tutto il territorio nazionale per garantire alle donne accesso tempestivo alla diagnosi e alle cure con standard elevati di assistenza, ma anche la possibilità di scongiurare il contagio attraverso la prevenzione.