Adolescenti e bambini trascorrono sempre più tempo davanti alla televisione, incollati allo schermo e in balìa di pubblicità ad effetto che hanno sempre più potere sulle giovani menti.
D’altra parte, quando si tratta di cibo, anche agli adulti viene l’acquolina in bocca solo a guardarli gli spot televisivi. Ebbene, dopo play-station, computer, vita sedentaria e alimentazione sregolata, sotto accusa per l’allarmante incremento dell’obesità infantile è ancora una volta la televisione, più nello specifico proprio le pubblicità di alimenti insani e ricchi di grassi, tipici dei fast food.
Un recente studio, pubblicato sul Journal of Law and Economics, ha infatti fatto notare che il divieto di trasmettere messaggi pubblicitari di panini, patatine fritte e cibi pronti potrebbe portare a una diminuzione dell’obesità infantile pari addirittura al 18%.
L’analisi sull’incidenza degli spot sull’eccesso di peso nei bambini è stato condotta dai ricercatori del National Bureau of Economic Research (NBER), grazie ai finanziamenti del National Institutes of Health.
I ricercatori Shin-Yi Chou della Lehigh University, Inas Rashad della Georgia State University, e Michael Grossman della City University of New York Graduate Center hanno quantificato il numero di ore di pubblicità di fast food viste dai bambini ogni settimana.
Gli autori hanno riscontrato che vietare gli spot di fast food durante la pubblicità televisiva trasmessa nella programmazione per bambini ridurrebbe il numero di giovanissimi in sovrappeso del 18 per cento per quelli di età compresa tra i 3 e gli 11 anni, del 14% per gli adolescenti tra i 12 e i 18 anni. L’effetto risulta più marcato per i maschi che per le femmine.
Svezia, Norvegia e Finlandia sono gli unici Paesi ad aver vietato la diffusione di messaggi televisivi di sponsorizzazione commerciale nelle fasce orarie dedicate ai programmi dei più piccoli.
Un provvedimento che, secondo gli esperti, vista l’ormai dimostrata responsabilità della pubblicità, andrebbe adottato in tutti i Paesi, in special modo negli Stati Uniti e nelle altre nazioni del mondo occidentale, colpite dal fenomeno in crescita dell’obesità infantile.