Si chiama auranofin ed è un composto contenente oro capace di stanare il virus dell’HIV nel magazzino virale in cui si annida. Già noto come trattamento dell’artrite reumatoide, il farmaco è ora oggetto di studio nell’ambito della ricerca ad una cura efficace contro l’AIDS. A scoprire il potenziale del medicinale è stato un recente studio pubblicato sulla rivista AIDS, condotto a livello internazionale e che ha come autore principale il ricercatore italiano Andrea Savarino, afferente all’ISS, l’Istituto Superiore di Sanità.
La ricerca è stata effettuata sulle scimmie, infettate con un virus vicino all’HIV. Gli scienziati hanno identificato nel reservoir, una sorta di bunker virale nascosto, l’HIV, presente in una forma latente, inespressa, nelle cellule immunitarie T CD4 della memoria. Si tratta di cellule molto longeve, inattaccabili sia dai farmaci che dal sistema immunitario perché il virus qui è ben nascosto, in parole povere invisibile. Accade così che, nel momento in cui si stoppano le terapie antiretrovirali, il virus si risveglia. L’unico modo per liberarsi dall’HIV, perciò, consiste nel distruggere le cellule nascondiglio del virus latente.
Come spiega lo stesso Savarino, l’auranofin è il candidato ideale per la strategia shock and kill, ovvero stanare il virus per poi colpirlo:
Ci siamo accorti che il farmaco era quello giusto perché causava la morte delle cellule T della memoria centrale, lasciando però le cellule precursori, ovvero le T CD4 vergini, praticamente intatte. E tutto questo senza risvegliare il virus e il relativo pericolo. Le scimmie hanno mostrato una migliore capacità di mantenere l’infezione sotto controllo e una di loro ha mantenuto per un anno una carica virale bassa, oltreché un livello alto di CD4, proprio le cellule immunitarie vergini che l’HIV decima.
La ricerca ora deve andare avanti, per esplorare le potenzialità del farmaco come cura per l’AIDS, anche perché attualmente altro non si ha, ma è già un risultato molto incoraggiante, che una remissione dell’infezione mentre gli acidi nucleici virali restano presenti, seppur a livelli minimi.
Dobbiamo ancora esplorare tutti gli effetti dell’eliminazione di queste cellule, ma l’approccio sembra promettente anche perché sappiamo che le cellule possono essere rimpiazzate dall’organismo a partire da una nuova sorgente di cellule vergini, ha concluso lo scienziato.
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[Fonte: ISS]