Quando si parla di sclerosi multipla, il primo concetto che la mente collega, buttando un occhio alle recenti cronache, è quello del metodo Zamboni. Un protocollo controverso, in attesa di validazione, che sembra però riscontrare un buon ritorno da parte dei pazienti.
Tra di loro vi è Nicoletta Mantovani, affetta anche lei dalla malattia. La vedova di Luciano Pavarotti ha fatto sapere che a breve si sottoporrà ad un intervento di angioplastica, così come suggerito da questo particolare approccio terapeutico.
Nello specifico si tratta di un intervento di disostruzione delle vene cerebrali il quale, secondo Paolo Zamboni, direttore del centro malattie vascolari di Ferrara, porterebbe ad una forte ed immediata regressione dei sintomi.
L’insufficienza venosa cerebro-spinale cronica, conosciuta sotto l’acronimo CCSVI e consistente in una malformazione dei vasi sanguigni del collo e del torace, secondo il luminare italiano, sarebbe direttamente collegabile all’insorgenza della sclerosi multipla. Ecco quindi che eliminando l’ostruzione dovrebbero allentarsi anche i sintomi della patologia stessa.
Al momento su questo “concetto” medico è in corso un dibattito a livello internazionale. Ciò non toglie che Nicoletta Mantovani, malata da quasi 15 anni, abbia deciso di sottoporsi a questa cura “sperimentale” rilanciando in qualche modo il dibattito e la non corrispondenza tra il suo modo di pensare e quello della Aism, associazione italiana sclerosi multipla.
Quando un malato non si sente più rappresentato da un’associazione di patologia cerca di muoversi in un’altra direzione. L’assenza di risposta delle istituzioni italiane fa sì che un numero sempre più alto di malati vada a farsi operare all’estero. L’intervento si fa in tutto il mondo tranne che nel Paese dove è stata fatta la scoperta.
Ovviamente non è mancata una replica dell’Aism, attualmente impegnata in uno studio proprio sulla correlazione esistente tra la CCSVI e la sclerosi. Spiega il presidente Alberto Battaglia.
Lo studio è partito e sta procedendo come da protocollo. L’associazione ha dato la propria disponibilità a sostenere il progetto di ricerca promosso dalla Regione Emilia Romagna e coordinato da Zamboni ed è in attesa di ricevere il protocollo definitivo per valutarlo.
Cio che si tiene a sottolineare, nel frattempo, è l’importanza di rivolgersi a strutture mediche adatte e non favorire, se possibile, sperimentazioni che ancora non posseggono adeguati riscontri.
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Fonte: Corriere della Sera