Il tumore al seno continua a colpire, ad essere la prima causa di morte al mondo nelle donne con meno di 55 anni, anche se, fortunatamente il tasso di mortalità si è molto abbassato rispetto agli anni passati, grazie alla tecnologia, l’informazione e gli screening che offrono diagnosi sempre più precoci. Ma è anche vero, che i nuovi farmaci in commercio, hanno cambiato la prognosi in molti casi, offrendo delle possibilità terapeutiche , fino a poco tempo fa insperate. Questo grazie anche alla sinergia tra anatomo-patologo ed oncologo: le terapie, i medicinali, sono sempre più personalizzate, e partono dal tipo specifico di tumore al seno che può colpire una donna.
Sono numerose le tipologie di cancro in questo caso e diverso è anche lo stadio di avanzamento della malattia al momento della diagnosi. Un’arma speciale sono gli anticorpi monoclonali, farmaci rivoluzionari, capaci di penetrare nell’organismo arrivando a colpire solo le cellule neoplastiche e non quelle sane. Tra questi il trastuzumab utilizzato con decisivo successo nei casi di tumore Her2 positivo. Si tratta di una forma neoplastica molto aggressiva, maligna, ad insorgenza precoce (colpisce le donne in età fertile, tra i 35 ed i 40 anni). Il tutto secondo il moderno approccio dell’oncologia non può però e non deve prescindere dalla qualità della vita delle pazienti, che deve tendere al meglio per avere risposte terapeutiche più efficaci. E’ per questo che gli scienziati stanno lavorando a nuove formulazioni, sicuramente più potenti e con meno effetti collaterali, ma anche di più semplice somministrazione.
E’ il caso del trastuzumab sottocutaneo, che secondo lo studio di Fase III HannaH, si è dimostrato in grado di ridurre i tempi di permanenza nella struttura sanitaria da parte delle pazienti in modo considerevole. Pensate: 5 minuti, rispetto ai 90 della prima infusione e ai 30 minuti delle successive attualmente per via endovenosa. Contro i tumori HER2 positivi, presto anche altre soluzioni terapeutiche che si stanno dimostrando efficaci pure negli stadi avanzati. E’ il caso del pertuzumab (che inibisce la possibilità della proteina Her2 di riprodursi e conduce a morte le cellule malate): lo studio Registrativo CLEOPATRA, ne ha dimostrato, in concomitante somministrazione di trastuzumab e chemioterapia una sopravvivenza delle pazienti estremamente significativa rispetto all’attuale cura trastuzumab/chemio. In una fase sperimentale più precoce invece una nuova formulazione farmacologica: trastuzumab-emtansine (T-DM1), che sta garantendo un’efficacia superiore (41% in meno del peggioramento della malattia) e minori effetti collaterali.
Fonte: Roche
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