Massimo è diventato grande prima del tempo e sa bene cosa vuol dire la vita alla quale è legato da una macchina che sostituisce il suo cuore malato. Da 5 mesi, infatti, è ricoverato nel reparto di Cardiochirurgia pediatrica del Monaldi di Napoli, in attesa del trapianto e da quella stanza d’ospedale lancia un appello a non essere indifferenti.
All’amico che pensava al suicidio perché la ragazza l’aveva lasciato ha detto:
Vieni un po’ a trovarmi prima e, in ogni caso, se proprio vuoi farla finita, ucciditi in modo da preservare gli organi, il cuore innanzitutto.
Niente giri di parole. Massimo ha 12 anni, è vero, ma ha la maturità di un adulto, anzi, forse di più di tanti “grandi”, che si spacciano per adulti e quell’amico che voleva farla finita con la vita, non solo ha cambiato idea, ma anche la gerarchia dei suoi valori.
In attesa di un cuore vero, Massimo cerca, per quanto sia possibile, di fare una vita “normale”, con i suoi genitori. Il suo angelo custode si chiama Andrea Petraio, giovane cardiochirurgo che lo sta seguendo da vicino. A 36 anni sfida la morte cercando di aiutare i tanti piccoli pazienti e trattandoli soprattutto da persone normali. Come ha detto Massimo:
Oggi non si sa cosa significa donare, non si sa neppure come farlo, c’è tanta ignoranza. In molti pensano che in ospedale ti vogliono ammazzare un figlio, un fratello. E poi devo anche dire che non sempre si fa prevenzione nel modo giusto, negli ospedali non si comprende subito la gravità della malattia”.
Ancora una volta parole da “grande”, perché come spesso accade i bambini sono più saggi di noi adulti.
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