Quante volte vi siete sentiti raccontare di guarigioni miracolose usando tisane, infusi, estratti, tramandati da vostra nonna o garantiti dalla lontana zia novantenne che vi hanno assicurato di vivere benissimo usando la fitoterapia? Tutto è possibile, anzi è credibile, specialmente perché ormai milioni di italiani entrano in farmacia o in erboristeria e comperano i preparati disponibili, ottenuti da distillazione o spremitura, da piante essiccate o fresche. Non bisogna fidarsi a priori, sarebbe corretto sentire il parere di un medico, meglio se esperto di fitoterapia, di un farmacista o di un erborista.
I possibili danni sono sempre in agguato e sono stati messi in rilievo durante il congresso nazionale dei medici fitoterapeuti italiani, dedicato in maniera specifica ai “rischi legati alle medicine alternative” promosso dalla Società Italiana di Farmacologia con il sostegno dell’Istituto Superiore di Sanità. Molti gli esempi portati. In Giappone un uomo è morto dopo aver mangiato una intera radice di ginseng “in insalata”.
Dobbiamo cominciare a preoccuparci, visto che già sapevamo che il ginseng può causare nervosismo, insonnia, eruzioni cutanee, gonfiore alle gambe e diarrea? No, perché, come ha opportunamente spiegato il dottor Fabio Firenzuoli, presidente dell’Associazione Nazionale Medici Fitoterapeuti (Anmfit):
“In Italia il ginseng non si mangia, se ne importano solo estratti o radici secche con cui l’industria farmaceutica produce farmaci e integratori, è impossibile acquistare radici sulle bancarelle dei mercati e tra l’altro mangiare radici crude di Ginseng in insalata non rientra nel nostro uso comune; equivale, paradossalmente, a mangiare foglie di pomodoro o la mandorla delle pesche”.
Altro esempio: la FDA (Food and Drug Administration), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha stilato delle linee guida sugli gli effetti collaterali a carico dell’occhio di alcuni prodotti: dall’elenco si evince ad esempio che l’amatissima ed innocua camomilla, usata direttamente nell’occhio per alleviare con impacchi disturbi come l’orzaiolo o l’irritazione, può provocare (sporadicamente) congiuntivite.