Anche l’Europa si è resa conto della difficile situazione in Italia relativa all’aborto ed ai non obiettori. Quest’ultimi, secondo la corte di Strasburgo, vengono sempre di più discriminati in una società che predilige la credenza religiosa all’effettiva fruizione di un servizio.
Nel nostro paese l’obiezione di coscienza è da sempre un problema: non di rado le pazienti che necessitano della pillola del giorno dopo o di un aborto si sono trovate in difficoltà. Ma in questo caso l’Europa punta in particolare il dito contro la discriminazione che avviene contro il personale della sanità che non ha optato per l’opzione di coscienza in materia di aborto. Esso sarebbe protagonista di “diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti ed in diretti” che citiamo testualmente “emergono semplicemente dal fatto che certi medici forniscono servizi di aborto nel rispetto della legge“. Aggiungendo tra l’altro che non vi sono le basi consequenziali per la disparità di trattamento registrata analizzando la situazione nello specifico.
Va detto, la sentenza emessa da Strasburgo a riguardo dopo una denuncia presentata dalla Cgil è importante perché obbliga in questo modo a rispettare la legge 194 anche per coloro che intendono applicarla in maniera corretta rendendo disponibili i servizi da lei indicati senza distinzioni. E se la soddisfazione che arriva dai sindacati è evidente perché in questo modo si rende necessario che lo Stato garantisca il diritto alla scelta della donna in tal materia fornendo l’assistenza come richiesto, il ministro Beatrice Lorenzin si dice stupita. Non entra nel merito della decisione quanto dei dati forniti nella sentenza che secondo la stessa sarebbero sfasati rispetto a quelli attuali.
Per la corte di Strasburgo invece:
Le donne che cercano accesso ai servizi di aborto continuano ad avere di fronte una sostanziale difficoltà nell’ottenere l’accesso a tali servizi nella pratica, nonostante quanto è previsto dalla legge.
E questo avverrebbe proprio per via dell’obiezione di coscienza e la consequenziale difficoltà dei non obiettori di lavorare come dovrebbero aver la possibilità di fare spingendo le donne, continua la sentenza, “in alcuni casi, considerata l’urgenza delle procedure richieste […] ad essere forzate ad andare in altre strutture (rispetto a quelle pubbliche), in Italia o all’estero, o a mettere fine alla loro gravidanza senza il sostegno o il controllo delle competenti autorità sanitarie, oppure possono essere dissuase dall’accedere ai servizi di aborto a cui hanno invece diritto in base alla legge 194/78”.
Sarà interessante vedere la reazione a tale sentenza in campo sanitario.
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