La curcumina, la componente principale del curry, potrebbe aumentare l’effetto della chemioterapia. Diverse ricerche scientifiche, hanno dimostrato le virtù antiossidanti della curcumina, in grado di controllare la crescita dei radicali liberi e di combattere lo stress ossidativo. Ma secondo uno studio dell’University of Michigan Comprehensive Cancer Center, pubblicato su “Archives of Otolaryngology – Head and Neck Surgery”, la spezia usata sin dall’antichità dalla medicina Ayurvedica indiana renderebbe più efficace la chemioterapia nella cura dei tumori.
Dalle prime indagini condotte in vitro, sembrerebbe, infatti, che la spezia riesca ad aumentare la sensibilità delle cellule cancerose, riducendone la tipica resistenza alla chemioterapia. In questo modo, sarebbe possibile evitare il sovradosaggio e quindi i gravi effetti collaterali dei farmaci come il cisplatino, qualora la cura non produca l’effetto sperato o nei casi di recidive.
Il team di ricercatori americani, ha condotto la ricerca utilizzando un composto simile alla curcumina (FLLL32), capace di legarsi ad una proteina presente in quasi tutte le forme di tumore alla testa e al collo (80%) e che interferisce con i processi di morte cellulare.
Chiaramente, per quanto i risultati sembrino essere promettenti e gli studiosi si dichiarino fiduciosi, si tratta pur sempre di un esperimento condotto in vitro e bisogna aspettare di vedere se lo stesso effetto è raggiungibile anche sull’uomo. Qualora la scoperta si dimostrasse utile, i pazienti sottoposti alla chemioterapia ne gioverebbero enormemente. Quando il trattamento perde efficacia, infatti, la dose dei farmaci viene aumentata in modo massiccio, danneggiando le cellule sane e provocando nausea, affaticamento, perdita dei capelli e ulcere nella cavità orale. Inoltre, la chemio può provocare effetti collaterali a lungo termine su cuore, nervi, reni, polmoni e apparato riproduttore.
Tuttavia, per quanto la curcumina riesca a rallentare e impedire lo sviluppo delle cellule tumorali, senza danneggiare quelle sane dell’organismo, bisogna precisare che risulta di difficile assorbimento per l’uomo, e quella piccola quantità che viene assimilata, viene comunque subito eliminata. I ricercatori, perciò, dovranno approfondire e migliorare la loro ricerca, in modo da rendere più stabile il composto.
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