Due studi appena usciti confermano che la diagnosi precoce al tumore del colon retto va fatta cominciando a cinquanta anni, ma se il responso è negativo per cinque anni non vi sono motivi di preocccupazione.
Delle due ricerche effettuate, la prima, pubblicata su “Clinical Gastroenterology and Hepatology”, dallo studioso Francis Giardiello della Johns Hopkins University, si basa su dati inattaccabili: quelli legati alle autopsie.
Gli oncologi di Baltimora hanno infatti verificato la presenza di formazioni pretumorali e tumorali in 3 mila 500 persone di entrambi i sessi, di vari gruppi etnici e di età compresa tra i 20 e gli 89 anni. Elemento di comunanza: tutti erano senza una precedente diagnosi e nessuno evidenziava sintomi di tumore del colon retto.
E’ stato in questo modo confermato che la percentuale di soggetti con lesioni sale con l’aumento dell’età: se tra i 30 e i 50 anni passa dall’1,7% al 3,5%, a 60 raggiunge il 10% e a 89 sale fino al 12%. La fase più difficile – e critica dal punto di vista del paziente – è intorno ai 50 anni. Ecco perchè sottoporsi ai test che, se negativi, non vanno ripetuti prima di cinque anni.
A questo punto, entra in gioco il secondo dei due studi, quello pubblicato sul “New England Journal of Medicine” e prodotto da Thomas Imperiale, dell’Indiana University School of Medicine. Più di 1200 ultracinquantenni che si erano sottoposti a una colonscopia con esito negativo non avevano sviluppato un tumore neppure dopo i cinque anni successsivie – del campione analizzato – solo 16 casi hanno evidenziato una forma pretumorale.
La casistica statunitense, inoltre, merita una particolare attenzione: negli Usa, infatti, tra il 2000 e il 2005 la percentuale di ultra sessantacinquenni sottoposti ad un esame è passata dal 39% al 47% e, in concomitanza, quella di mortalità è scesa del 5%. Un caso? Pare proprio di no: motivo per cui continua ad essere indispensabile diffondere l’importanza delle visite e dei controlli.