La Sindrome di Stoccolma più che un vero e proprio disturbo rappresenta un particolare stato psicologico che può interessare le vittime di un sequestro o di un abuso ripetuto che, in maniera apparentemente paradossale, cominciano a nutrire sentimenti positivi verso il proprio aguzzino che possono andare dalla solidarietà all’innamoramento. L’espressione fu usata per la prima volta da Conrad Hassel, agente speciale dell’FBI in seguito ad un episodio avvenuto in Svezia nell’Agosto del 1973: due rapinatori tennero infatti in ostaggio per sei giorni quattro impiegati di una banca di Stoccolma i quali, con grande sorpresa degli inquirenti, una volta rilasciati, espressero sentimenti di solidarietà verso i propri sequestratori arrivando a testimoniare in loro favore. Una delle donne rapite poi instaurò un vero e proprio legame sentimentale con uno dei due criminali che si protrasse oltre il rilascio.
La Sindrome, che investe allo stesso modo vittima e carnefice, insorge solo in caso di vessazioni prolungate e la probabilità di svilupparla aumenta proporzionalmente al grado di dipendenza del sequestrato dal sequestratore: è più facile cioè che insorga in quelle circostanze nelle quali la vittima percepisce che la propria sopravvivenza è legata al proprio aguzzino, mentre di contro questa potrebbe percepire come ben più pericoloso per la propria incolumità un intervento della polizia. Non a caso gli ostaggi svedesi del 1973 dichiararono di aver temuto più la polizia dei rapitori.
La Sindrome, per la quale si sono tentate molte differenti spiegazioni, potrebbe, secondo alcuni esperti, rappresentare un tentativo inconscio di “neutralizzare” il criminale avvicinandosi a questo umanamente per evitare di essere uccisi, o una difesa, anch’essa inconscia, messa in atto per sopportare il trauma del sequestro e/o della violenza. In ogni caso, sembra essere una strategia, seppure inconscia, efficace che ha permesso a molte vittime di sequestri di uscirne incolumi. Alcuni rapitori hanno dichiarato infatti che è molto più difficile agire in maniera violenta quando gli ostaggi collaborano e sono accondiscendenti. La Sindrome di Stoccolma è nuovamente balzata agli onori delle cronache nel 2006, quando fu ritrovata l’austriaca Natascha Kampusch, scomparsa nel 1998 a soli otto anni. Natascha dichiarò agli inquirenti di aver avuto più volte la possibilità di scappare dalla casa in cui il suo carceriere la teneva segregata, ma di non averlo fatto per scelta. Ricordiamo infatti che la ragazza dichiarò di essersi allontanata volontariamente in seguito a un litigio con l’uomo che, dopo il fatto, si tolse la vita. Tuttavia non tutti gli esperti concordano nel ritenere che nel caso di Natascha si tratti veramente di Sindrome di Stoccolma.