Quando si parla di fecondazione assistita, l’Italia è indubbiamente uno dei paesi europei più indietro in quanto a normativa, ma la Gran Bretagna rischia di divenire il più “evoluto”: potrebbe essere il primo stato a consentire la “creazione” di embrioni con il dna di tre persone.
Se siete perplessi davanti a questa affermazione non possiamo fare altro che essere d’accordo. Al momento il governo inglese sta prendendo al vaglio l’ipotesi di modificare la legge per consentire la messa in atto di tecniche di procreazione assistita che consentano alle famiglie considerabili a rischio di trasmettere malattie genetiche incurabili di evitare tale “problema” lavorando direttamente sulle cellule embrionali. Una sorta di “via libera” sarebbe giunto dall’Autorità per la fecondazione umana ed embriologia (Hfea), la quale ha detto, come è stato riportato dalla BBC, la televisione nazionale inglese, che non vi siano prove che non si tratti di un modus operandi sicuro.
E pensare che qui in Italia il problema consta ancora nella dare il nulla osta alla fecondazione eterologa o alla diagnosi pre-impianto. Secondo l’autorità britannica invece non solo l’opinione pubblica sarebbe a favore di questa tipologia di intervento, ma addirittura i benefici sarebbero maggiori rispetto ai rischi. Ragionando con lucidità sulla questione è innegabile che applicando una tipologia di tecnica che consente di sostituire il DNA mitocondriale malato con quello sano di una donatrice, in quantità infinitesimali, si potrebbe evitare la trasmissione di malattie davvero gravi come la distrofia muscolare, ad esempio.
Attualmente i ricercatori inglesi hanno già sviluppato due diverse tecniche per evitare che i mitocondri difettosi passino da madre a figlio tramite il trasferimento pronucleare e quello del fuso materno, N.d.R.) riuscendo a trasferire il materiale genetico dai genitori all’interno di un ovulo donato da una donna sana. Sulla carta sembra tutto perfetto, ma non bisogna dimenticare che l’embrione trasmetterà modifiche genetiche ai suoi figli, e soprattutto che sebbene sia stata sperimentata con successo sugli animali, questa tipologia di approccio ancora non è stata provata sugli esseri umani.
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