La discussione sul testamento biologico riprende oggi in Parlamento, ed i toni sono come sempre accesi. Tra chi cerca di difendere i diritti del malato e chi le convinzioni cristiane, scoppia un vero e proprio putiferio, in particolare sull’articolo 1 che prevede il divieto assoluto dell’eutanasia in Italia. La legge prevede in sostanza che ciò che avviene in tanti Paesi europei, cioè la cosiddetta “morte dolce” per chi è all’ultimo stadio della malattia o sia in coma vegetativo senza possibilità di ripresa, divenga definitivamente un’utopia.
Inoltre si discute anche sul consenso informato (art. 2 della legge), cioè una dichiarazione, da parte del malato quando ancora in grado di intendere e di volere, sulla volontà di terapia. Il consenso informato prevede che il medico tenga conto di queste volontà del malato, ma non si vincoli ad esse, nel senso che può decidere autonomamente la terapia da applicare.
Altri punti considerati “bollenti” sono l’idratazione e l’alimentazione forzata, da non considerare terapia ma “sostegno vitale”, e perciò bisogna continuare a fornirli anche se il paziente non ha alcuna speranza di tornare vigile, nonché i tempi di durata della dichiarazione del paziente, che per la maggioranza dovrebbe durare 5 anni mentre per i Radicali non dovrebbe nemmeno esserci questa sorta di “prescrizione”.
A far discutere, come se non ci fosse abbastanza carne al fuoco, è anche un emendamento presentato all’ultimo momento, il quale tende a far distinguere un malato in condizioni gravi da uno in uno stadio terminale in cui, si legge nel testo, sia “accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale”. Le opposizioni intanto cercano di disfare questo meccanismo diabolico, tentando di votare punto su punto e non sull’intera legge, in modo da sottrarle significato.
La discussione, iniziata oggi, durerà ancora a lungo, almeno fino a martedì, se non ci saranno ulteriori rinvii, quando è previsto il voto finale.
Testamento biologico, Saviano e la libertà di scelta
Dal testamento biologico all’ accanimento terapeutico: la perdita dei valori e la fine dell’etica