Il periodo delle vacanze può essere rovinato da alcuni spiacevoli inconvenienti come sgraditi incontri con alcuni “rappresentanti” del mondo animale. Ecco alcuni consigli per trascorrere le giornate all’aperto in sicurezza difendendosi da possibili pericoli.
A terra: la vipera
Nei luoghi a rischio (ambiente rurale al di sotto dei 3000 metri di altezza) utilizzare un abbigliamento corretto ( pedule da montagna, calze, pantaloni lunghi), porre attenzione a dove si mettono le mani senza protezione (ad esempio alla ricerca di funghi). È bene sapere che la vipera non attacca ma si difende solo se disturbata da vicino e reagisce primariamente alla presenza dell’uomo con la fuga.
In caso di morso:
- a) evitare di applicare il laccio ernostatico, come pure la suzione e l’incisione;
- b) immobilizzare la parte colpita (ad esempio un arto) mediante un bendaggio steccato non compressivo;
- c) tranquillizzare (in caso di panico può essere utile un blando sedativo per bocca) e mantenere la vittima il più ferma possibile;
- d) attivare i soccorsi (il 118). Il siero antivipera è oggi un farmaco per esclusivo uso intraospedaliero e va praticato solo in casi gravi e sotto stretto e continuativo controllo medico.
Nell’aria: api, vespe e calabroni
Attenzione alla punture multiple possibili con le vespe (che pungono anche più di una volta) e con sciami di api. Le punture singole in soggetti non allergici non sono praticamente mai un problema (fatta eccezione per la reazione locale che raramente costituisce un problema serio). Nei soggetti allergici il rischio è aumentato in quanto possono reagire in modo sproporzionato anche alla singola puntura con fenomeni potenzialmente pericolosi come la crisi anafilattica. In caso di puntura e alla prima insorgenza di sintomi generalizzati allarmanti (come ad esempio difficoltà respiratorie, gonfiore importante e rapido delle mucose, svenimento, sudorazione profusa) possono essere indicati farmaci come i cortisonici e l’adrenalina per via intramuscolare.
Nel mare: pesci e meduse. I mari ospitano più di 200 specie di pesci velenosi, i più famosi dei quali appartengono alla famiglia degli scorpenidi (il pesce leone, il pesce scorpione e il pesce pietra nei mari caldi e lo scorfano nelle nostre latitudini) e a quella delle razze. Gli scorpenidi sono caratterizzati dalla presenza di spine dorsali, pelviche e caudali associate a ghiandole velenifere. Le eccezionali doti di mimetismo di questi pesci, che possono nascondersi nella sabbia e tra le rocce in acque anche molto basse, rendono conto della possibilità di essere punti.
Le razze sono dotate, alla base della coda, di un lungo aculeo con ghiandole velenifere. Un altro pesce dotato di aculei velenosi è la fratina che ferisce con l’aculeo degli opercoli branchiali e i raggi spinosi della prima pinna dorsale. L’esperienza di una puntura da aculeo avvelenato non si dimentica facilmente, perché il dolore è lancinante con gonfiore, arrossamento e colorazione bruna della parte colpita. Dopo aver pulito la ferita, è bene rimuovere manualmente con una pinzetta e con estrema cautela le eventuali spine rimaste infisse, in modo da evitare una loro rottura o un’ulteriore penetrazione.
In genere le tossine prodotte dagli animali marini sono termolabili, vale a dire si degradano con il calore; conseguentemente è necessario immergere la parte in acqua alla temperatura più elevata che la vittima riesce a sopportare (normalmente al di sotto dei 45° C) per un periodo compreso tra 30 e 90 minuti.Le meduse dei mari italiani non pungono no né mordono ma provocano un’irritazione della pelle mediante i tentacoli urticanti. La reazione è quindi limitata alla pelle e può essere più o meno estesa. Può essere trattata con presidi locali (pomate, creme) a base di antistaminici e cortisonici.