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Giovani in ‘trappola’, i segnali dei disagi. Psichiatri USA: i distrurbi più comuni legati a senso di abbandono e sfiducia

Disagi giovanili. Sono tanti e alcuni anche molto gravi, delle vere e proprie “trappole”, come li chiamano gli specialisti. Il primo modo per curarli è rendersene conto. Capire che i “nostri” ragazzi hanno dei problemi e per farlo bisogna sapere osservare i segnali, i sintomi, alcune manifestazioni che se ignorate possono diventare e trasformarsi in patologie molto serie. Due psichiatri americani, Jeffrey Young e Janet Klosko hanno elaborato un elenco delle disturbi più comuni ai quali bisogna prestare attenzione, un elenco rivolto soprattutto ai genitori. La prima trappola, come la chiamano i due dottori americani è l’abbandono: deriva da episodi dell’infanzia che hanno suscitato l’angoscia di essere lasciati soli; porta ad avere la vita segnata dal timore dell’abbandono e dalla paura della solitudine. La seconda è la sfiducia, la convinzione di ricevere qualcosa di malevolo da parte degli altri. Le cause sono brutte esperienze fatte da piccoli, nelle quali ci si è sentiti minacciati nell’integrità fisica e psicologica. La dipendenza, invece, è la sensazione di non poter affrontare niente senza la certezza di avere un forte sostegno da parte degli altri. La vulnerabilità è un’altra “trappola” alla quale prestare attenzione e può essere la conseguenza di un’infanzia iperprotettiva, magari a causa di una salute cagionevole, o ritenuta tale.

Così il bambino tende a sviluppare la preoccupazione di essere continuamente esposto a rischi per la salute. La derivazione emotiva consiste nell’essere stati privati di carezze e calore quando se ne aveva bisogno, una mancanza che provoca la sensazione di non essere capiti né amati anche in futuro. L’esclusione sociale è la trappola che nasce nell’infanzia, in seguito ad un’esperienza di emarginazione dai coetanei che hanno provocato un senso di diversità. C’è poi l’inadeguatezza, seguita dal fallimento e dalle pretese, cioè quella ‘gabbia’ di chi deve mostrarsi sempre speciale, sempre all’altezza delle aspettative. I due psicologi individuano poi nella sottomissione un segnale importante, di chi è cresciuto in una famiglia troppo autoritaria e con gli anni potrebbe privilegiare relazioni con personalità dominatrici. Infine, gli standard severi, cioè una trappola che si trasmette da bambino per l’idea che dal “piccolo” ci si attendeva che fosse sempre il primo: a scuola, nello sport e nella vita.