Quando, verso l’inizio degli anni Novanta, furono pubblicati i primi studi riguardanti un aumento di asma fra gli atleti che praticavano a livello agonistico sci di fondo e nuoto, molti dottori rimasero, a dir poco, sorpresi e anche un po’ preoccupati. Sci di fondo e nuoto, infatti, soprattutto per il fatto di essere praticati in ambienti privi di polvere, erano fra gli sport che più frequentemente consigliavano ai pazienti asmatici, specialmente a quelli con asma allergico.
Attualmente, sulla base di studi rigorosi condotti in anni recenti, l’aumento dell’incidenza di asma negli atleti impegnati in attività sportive agonistiche può essere spiegato sulla base di alcuni meccanismi, che sono in gioco, tra l’altro, anche nell’asma da esercizio fisico che si verifica comunemente nei pazienti asmatici e che cercherò di descrivere in maniera semplice. In corso di attività fisica intensa, per far fronte alle aumentate richieste energetiche dell’organismo e, in particolare, all’aumentato fabbisogno di ossigeno, si verifica un aumento della ventilazione polmonare, che in certi atleti può raggiungere livelli dell’ordine di 200 litri al minuto.
Tale aumento di ventilazione polmonare, spostando grandi quantità di aria dall’esterno all’interno del polmone e viceversa, presenta l’inconveniente di fare perdere calore e umidità all’ambiente interno del polmone, in quanto questo è normalmente più caldo e più umido dell’ambiente esterno. Questa perdita di calore e di acqua, ovviamente tanto più consistente quanto più freddo e secco è l’ambiente in cui viene praticata l’attività fisica – particolarmente rischioso in tal senso è l’ambiente di alta montagna dove si pratica lo sci – risulta nociva per le vie aeree del polmone, che reagiscono, attraverso meccanismi abbastanza complessi, con uno stato di restringimento dei bronchi nel corso dell’esercizio fisico, fenomeno comunemente designato col termine di “asma da esercizio“.
Nel caso dello sci di fondo, l’ambiente di alta montagna, per il fatto di essere particolarmente freddo e secco, accentua, in corso di esercizio, la perdita di calore e di umidità da parte dei bronchi e, di conseguenza, la broncocostrizione. Nel caso del nuoto, invece, un fattore aggravante è costituito dalla presenza nell’ambiente delle piscine di sostanze a base di cloro usate a scopo antisettico; queste, sempre a causa dell’iperventilazione polmonare in corso di esercizio, vengono convogliate in grandi quantità all’interno del lume dei bronchi, dove esercitano un effetto irritativo, che si traduce anch’esso, in ultima analisi, in una broncocostrizione, che va ad aggiungersi a quella dovuta alla perdita di calore e di acqua.
In questi casi, la gestione della malattia comporta alcune particolarità. Nel caso di un atleta d’élite con asma, l’obiettivo del trattamento dovrebbe essere più ambizioso e puntare alla completa eliminazione dei sintomi, non solo a riposo, ma anche e soprattutto durante l’esercizio fisico. In questi soggetti, infatti, una sia pur lieve limitazione della prestazione respiratoria può condizionare la resa atletica e compromettere il risultato sportivo.
Un altro aspetto particolare del trattamento dell’asma negli atleti agonisti riguarda le limitazioni cui sono sottoposti i principali farmaci antiasmatici da parte degli organi internazionali di controllo anti-doping, in particolare l’International Olympic Committe e Medical Commission e la World Antidoping Association. I broncodilatatori, per esempio, che sono i farmaci più efficaci per il controllo dei sintomi e per la prevenzione dell’asma da esercizio, vengono a volte utilizzati a scopo dopante, generalmente a dosi elevate, da atleti non asmatici, con lo scopo di migliorare la resistenza allo sforzo e, di conseguenza, i risultati sportivi.
Tali medicamenti, infatti, oltre che dilatare lievemente i bronchi anche nel soggetto normale, non asmatico, possiedono alcuni effetti metabolici, psicostimolanti e antidepressivi, che potrebbero rivelarsi utili nel migliorare le prestazioni fisiche. In conclusione, possiamo affermare che l’asma, quando interessa atleti impegnati in attività agonistiche, comporta particolari problemi sia di ordine diagnostico sia di ordine terapeutico e richiede, pertanto, una speciale attenzione e competenza.