Saturn è il nome di un nuovo progetto internazionale rivolto all’antibiotico-resistenza. Voluto e finanziato dalla Comunità Europea con circa 7 milioni di euro, si occuperà di prevenzione delle infezioni ospedaliere. In particolare studierà l’impatto dell’esposizione antibiotica sullo sviluppo di infezioni resistenti nei pazienti ospedalizzati e combinerà le ricerche in campo microbiologico, clinico, epidemiologico e farmacologico.
Lo studio coinvolgerà 12 centri di eccellenza ospedaliera del Vecchio Continente. Per l’Italia interverrà l’Istituto di Clinica delle Malattie infettive dell’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma con i professori Roberto Cauda ed Evelina Tacconelli.
“Lo scopo è quello di migliorare gli standard metodologici e capire il ruolo di questi importanti farmaci sui meccanismi di acquisizione, selezione e trasmissione dei batteri antibiotico-resistenti in differenti condizioni ambientali osservando contemporaneamente i dati molecolari, ecologici e clinici”,
ha spiegato la dr. Tacconelli, ricercatrice di Malattie infettive alla Cattolica e componente del direttivo delll’Escmid (Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive). Gli esiti di Saturn stabiliranno i limiti di utilizzo dei trattamenti antibiotici per ridurre i fenomeni di resistenza, senza compromettere la tutela della salute del paziente.
Questo approccio senza precedenti – aggiunge Cauda, ordinario di Malattie infettive alla Cattolica di Roma – permetterà lo sviluppo di direttive comunitarie, europee, regionali e locali, sull’utilizzo appropriato della terapia antibiotica.
Purtroppo l’ospedale è il luogo dove maggiormente si accumulano alcune forme batteriche. Al riguardo, nel mese scorso, proprio alla Cattolica si è svolto un convegno sullo Stafilococco Aureo Medicillina-resistente (Mrsa). I dati del Sistema europeo di sorveglianza sulle resistenze batteriche (Earss), analizzati nell’occasione, pongono l’Italia tra i Paesi europei a più alta incidenza di Mrsa (34%): dopo di noi solo Portogallo e Malta che, con oltre il 50%, attestano una rilevanza particolarmente alta nelle regioni mediterranee a fronte di una media europea del 25%. La prof. Evelina Tacconelli ha però anche spiegato:
In Italia gli ultimi dati confermano una riduzione rispetto al passato. Risultato importante dovuto ad una maggiore sensibilizzazione di tutto il personale sanitario, alla messa a punto di adeguate misure di controllo all’interno degli ospedali e alla divulgazione di raccomandazioni nazionali.
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