Sembra che la musica, nei pazienti con danni cerebrali o colpiti da ictus, possa aiutare a recuperare alcune facoltà intaccate, come, per esempio, il camminare o il parlare. A sostenerlo, è un nuovo studio condotto dal Centro di Musica e Medicina della Case Western Reserve University di Cleveland, nell’Ohio, pubblicato su Discovery News.
Come spiega il coordinatore della ricerca, il dottor Michael De Georgia:
Si è sempre pensato che la musica fosse qualcosa di superfluo, e non si capiva perché si è sviluppata dal punto di vista evolutivo. Negli ultimi 10 anni, abbiamo appena iniziato a capire in che modo sia ampio e diffuso l’effetto della musica in tutte le parti del cervello. Stiamo appena iniziando a capire come la musica possa essere potente. Non sappiamo quali sono i limiti.
Gli effetti della musica sulle persone malate, sono noti già da diverso tempo. Molti studi hanno svelato come vi sia uno schema coerente derivante dall’ascolto della musica. Un ritmo particolare, infatti, è capace di stimolare la deambulazione nei pazienti affetti dalla malattia di Parkinson, colpiti da ictus o altri danni al cervello, permettendo alle persone di ritrovare un passo simmetrico e il senso dell’equilibrio.
Al momento, non è ancora stato chiarito come questo avvenga, ma tra le ipotesi più accreditate è che che le aree del cervello interessate dalla musica siano molte, a differenza di quelle del linguaggio che invece sono solo 2. Creando nuovi percorsi neuronali, i pazienti, grazie alle canzoni, possono ripescare dalla memoria parole già ascoltate e usate: in questo modo possono crearsi nuove connessioni per il linguaggio perduto.
Tale ipotesi troverebbe conferma anche in un altro studio su un gruppo di bambini autistici che non parlavano del tutto, che grazie alla musicoterapia hanno migliorato il modo di articolare parole e frasi. La musica, dunque, va ben oltre la melodia orecchiabile che si canticchia sotto la doccia, può essere, invece, un mezzo potente, da comprendere sempre di più.
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