La prevenzione dei danni cerebrali nei bambini prematuri può passare attraverso dello zucchero? Sembrerebbe proprio di si, almeno stando ai risultati di una ricerca condotta in Australia e pubblicata sulla rivista di settore The Lancet nella sua versione online.
Una citazione da Mary Poppins è ovviamente scontata ma sembra proprio che per un problema serio come questo, che coinvolge il cervello, basterebbe solo una piccola dose di glucosio per evitare spiacevoli conseguenze sulla salute cerebrale dei neonati prematuri. Statisticamente alla base di questo problema nella maggioranza dei casi vi è l’ipoglicemia neonatale, tipica di questa fase della vita . Un gel a base di zucchero da utilizzare sui piccoli, secondo i ricercatori dell’Università di Auckland potrebbe essere la soluzione ideale. Senza contare che come trattamento,pur essendo in pratica salvavita, risulterebbe allo stesso tempo efficace ed economico. E quindi senza problemi sostenibile da qualsiasi Servizio Sanitario Nazionale.
Gli scienziati hanno provato l’efficacia del loro preparato testandolo su 242 neonati in cura presso l’ospedale universitario dell’ateneo di età gestazionale compresa tra le 35 e 42 settimane le cui condizioni di salute erano affette dal rischio di ipoglicemia neonatale. Il protocollo messo in atto non è stato nulla di complicato: i medici si sono semplicemente limitati a sfregare con il gel a base di glucosio una delle parti interne delle guance dei neonati. Lo studio, di tipo randomizzato ed in doppio cieco (con uso di placebo) ha mostrato come questo approccio non solo sia privo di effetti collaterali ma decisamente semplice da utilizzare. Commenta la coordinatrice dello studio, la dott.ssa Jane Harding:
Il gel di destrosio dovrebbe essere considerato il trattamento di prima linea per gestire l’ipoglicemia nei neonati pretermine, e nel ritardo da termine, nelle prime 48 ore dopo la nascita.
E se i risultati sono così ottimali in ogni contesto, non possiamo che essere d’accordo e chiederci quando questo preparato verrà reso disponibile globalmente.
Fonte | The Lancet
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