Arrivano nuove conferme sull’efficacia del primo vaccino composto per prevenire il contagio da Aids. Parliamo del trial in corso su RV144, attualmente in auge su oltre 16mila persone thailandesi di entrambi i sessi. Lo studio, pubblicato sulla rivista di settore Nature, parla di una efficacia del 31% della formulazione, uno dei dati migliori finora raggiunti, ed una risposta immunitaria importante nei confronti del virus.
Soprattutto quest’ultima, scatenata in corrispondenza di alcune varianti dell’anello proteico che compone l’involucro del virus dell’HIV, fa ben sperare: la presenta di queste particolari “impronte genetiche” alle quali vi è una risposta del sistema immunitario più forte sono state associate con una maggiore efficacia del vaccino contro l’aids.
Commenta il ricercatore Morgane Rolland, dell’Us Military Hiv Research Program (Mhrp, Usa), autore principale dello studio:
Questa è la prima volta che abbiamo visto una pressione sul virus a livello genetico causata da un vaccino efficace contro l’Hiv. Questi risultati rafforzano sia quanto emerso su RV144 sia i dati del precedente studio, secondo cui gli anticorpi diretti nella regione V1V2 riducono il rischio di infezione. Nel complesso il lavoro suggerisce che la regione Env-V2 potrebbe essere un obiettivo fondamentale per i futuri vaccini contro l’HIV.
L’equipe di scienziati ha condotto una analisi di tipo genetico su una selezione di persone appartenenti ai gruppi che avevano ricevuto il vaccino ed a quelli che avevano ricevuto il placebo (ed in seguito infettatisi con il virus dell’HIV, N.d.R.) per identificare le caratteristiche associate alla risposta indotta dalla vaccinazione. Nei virus che erano dotati delle suddette varianti dell’anello proteico, l’efficacia del vaccino contro l’aids è salita all’80%, dando modo ai ricercatori capire come muoversi per “centrare” l’obiettivo della totale immunità in modo più mirato.
Ovviamente nelle persone che avevano ricevuto il vaccino, il virus è apparso geneticamente diverso rispetto a quello riscontrato da chi aveva assunto un placebo. Questa conferma, ad ogni modo, rappresenta un ulteriore passo avanti sulla strada di prevenzione e cura intrapresa.
Fonte| Nature
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