Quando un paziente sostiene un intervento chirurgico, uno dei maggiori “crucci” dei medici è quello di verificare che il paziente sia uscito perfettamente dall’anestesia. I ricercatori dell’Università americana dello Utah hanno messo a punto un prototipo di lettino in grado di monitorare il respiro di una persona autonomamente, senza l’utilizzo di ulteriori strumenti invasivi.
Si tratta del frutto della collaborazione tra i bioingegneri e gli anestesiologi dell’ateneo, i quali hanno deciso di mettere a punto questo strumento al fine di trovarne applicazione anche nell’ambito della prevenzione della Sids, la morte in culla, e dell’apnea morfeica durante il sonno. La tecnologia viene guardata con particolare attenzione soprattutto nell’ambito della cura dei neonati, data l’impossibilità, tuttora, di trovare una spiegazione a questa patologia.
Il nuovo lettino può contare su un nome che ne connota direttamente le peculiarità: Breath taking, ovvero “cattura respiro”, proprio per la sua capacità di continuare a seguire il respiro di una persona che nel letto si muove. Tutto questo è possibile grazie a circa venti sensori che vengono a creare una vera e propria rete di rilevazione (parliamo di una rete wireless formata da almeno 380 nodi, n.d.r.) in grado di tenere sotto controllo l’intero organismo utilizzando una tecnologia già utilizzata anche dall’ Fbi e dalla Swat per verificare la presenza di malviventi anche in presenza di un muro.
Il letto è in grado di rivelare, effettuando una stima, la frequenza, l’ampiezza e la fase degli atti respiratori. La comodità di questo letto è dato proprio dalla capacità di misurare il respiro saltando la capnometria e la pletismografia, esami considerati ormai invasivi, data la necessità di intubare sotto sedazione il paziente per verificare la pressione parziale e la concentrazione di Co2 nell’espirazione, e sottoporlo al posizionamento di elettrodi.
Il Breath taking, oltretutto, risulta meno costoso anche a livello sanitario e sociale.
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Fonte: Corriere della Sera