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Arriva in Italia il Pacemaker “superprotetto”

Quante volte avete letto, nelle controindicazioni di molti elettrodomestici, “non utilizzabile da portatori di pacemaker”. Coloro che hanno problemi al cuore, di solito gli over-60 o chi ha patologie congenite, oltre a dover lottare ogni giorno con le proprie disfunzioni cardiache, è spesso costretto a trovare il modo di passare attraverso un metal detector, utilizzare una fotocopiatrice, o peggio ancora fare una visita medica senza la risonanza magnetica.

Da oggi tutti questi problemi saranno risolti. Un nuovo tipo di pacemaker, presentato a Roma nei giorni scorsi, eliminerà tutte queste “scomodità” in quanto, assicurano i medici, è immune ai campi elettromagnetici, nel senso che non interferisce ad esempio con i cellulari, con i dispositivi antitaccheggio, e permette di fare delle risonanze magnetiche senza problemi al cuore del paziente, evitando metodi “alternativi”, più pericolosi o meno precisi, per diagnosticare qualche problema agli organi interni, non potendo sottoporsi ad esami specifici.

Il primo intervento di pacemaker risale al lontano 1958 (oggi sono circa un milione le persone che ogni anno sono costrette all’operazione), e serviva per inviare impulsi elettrici che controllavano la frequenza cardiaca. Emettendo campi magnetici, questi interferivano con tutti quelli che oggigiorno ci circondano, rendendo ancora più complicata la vita ad un cardiopatico. Per festeggiare i suoi 50 anni però è stato inventato questo nuovo modello il quale, sperimentato già in Gran Bretagna e Germania, ha dato risultati soddisfacenti in quanto sembrano non esserci interferenze, nemmeno davanti ad una risonanza magnetica. In Italia già in 3 casi è stato impiantato (l’operazione rimane la stessa, il chirurgo non deve fare nulla di diverso da quello che faceva prima e la durata dell’operazione rimane sempre uguale, cioè all’incirca 30 minuti), e dal 2009 esso sarà disponibile in tutti i centri ospedalieri d’Italia. Un ottimo passo in avanti per coloro che vogliono vivere una vita normale e non ricordarsi sempre di avere impiantato un pacemaker.