La legge 194 sull’aborto è in pericolo? Una domanda che suona come una provocazione, ma non troppo, alla luce della decisione che il prossimo 20 giugno la Corte Costituzionale dovrà prendere in merito alla legge 194, fonte, al pari di quella sulla procreazione assistita, di continuo dibattito fin dalla sua approvazione nel lontano 1978. A finire sotto esame è in particolare l’art. 4, quello relativo alle circostanze che ne legittimano il ricorso.
Il caso posto all’esame dell’Alta Corte riguarda nello specifico una ragazza minorenne, ma la sentenza che fra meno di due settimane sarà espressa rischia di avere un valore ben più grande ed un impatto molto forte sul diritto della donna di scegliere se portare avanti una gestazione o meno. Non è da escludere che in seguito alla stessa sia necessario rivedere l’intero impianto legislativo in materia.
Il caso in esame riguarda una ragazza minorenne, ma la norma in esame ha in realtà valore e ricaduta ben più ampia sul diritto della donna di scegliere se portare avanti o meno la gravidanza. E quindi potrebbe avere conseguenze anche sull’intero impianto della legge. Quest’ultima, varata il 22 maggio 1978, prevede che sia possibile abortire in una struttura sanitaria pubblica entro i primi 90 giorni di gestazione solo in particolari
circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero per la donna un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito.
Una norma che nasce per combattere gli aborti clandestini e le loro conseguenze, e che negli anni è stata spesso al centro di polemiche di ogni tipologia.
Nel caso specifico posto davanti alla Corte, si parla di una ragazza di Spoleto di 17 anni che si è rivolta al consultorio pubblico della sua zona ed ha manifestato volontà di abortire senza coinvolgere nella decisione i suoi genitori. La ragazza, ferma nei suoi propositi come appare negli atti del giudice tutelare del Tribunale della cittadina, è convinta di non essere in grado di crescere un figlio e non è “disposta ad accogliere un evento che non solo interferirebbe con i suoi progetti di crescita e di vita, ma rappresenterebbe un profondo stravolgimento esistenziale”.
Il giudice minorile ha richiesto l’intervento della Consulta perché in questo caso il volere della ragazza e l’applicabilità della legge 194 si porrebbero in contrasto con le indicazioni della Corte europea per i diritti dell’uomo sulla tutela assoluta dell’embrione umano.
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Legge 194-Ministero della Salute