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Autismo: una cura ormonale può aiutare con le attività sociali

Alcuni dei disturbi legati all’autismo potrebbero essere curati con una cura ormonale. Ne sono convinti ricercatori di Università italiane (tre milanesi, l’Università dell’Insumbria e Cnr) e straniere (Tohoku, Giappone), i quali hanno individuato nell’ossitocina (Ot) e vasopressina (Avp) due possibili “controllori” dei disturbi del comportamento sociale.

Gli esperimenti finora sono stati fatti soltanto sugli animali, dei topi di laboratorio, ma è quasi scontato che gli stessi risultati si possano ottenere anche sugli esseri umani. In particolare questi ormoni sono in grado di incidere, negli individui adulti o comunque in coloro in cui il sistema nervoso si è sviluppato completamente, sulla socialità e sulla flessibilità cognitiva, i quali mancano nei pazienti malati di autismo.

Per mettere a punto e validare un possibile approccio terapeutico per i disturbi dello spettro autistico, abbiamo condotto un’approfondita caratterizzazione di modelli murini (topi geneticamente modificati) privi del recettore dell’Ot nel sistema nervoso centrale. In mancanza di tale recettore, questi animali mostrano alterazioni della memoria sociale e ridotta flessibilità cognitiva, riproducendo quindi il nucleo centrale della sintomatologia autistica, che consiste in deficit delle interazioni sociali, anomalie della comunicazione, rigidità cognitiva e interessi ristretti

afferma Bice Chini dell’In-Cnr, coordinatrice della ricerca. Questi disturbi portano alla mancata familiarizzazione con gli altri individui della stessa specie, non permettendo il riconoscimento di altri topi già visti in passato, ma anche di imparare compiti semplici o ricordare altri già appresi. Questo disagio comporta una maggiore aggressività nei topi, la quale potrebbe essere risolta grazie all’innesto di questi ormoni, ancor meglio dell’intervento farmacologico che rischia di comportare attacchi epilettici.

Lo studio ha evidenziato che la somministrazione di Ot ed Avp è in grado di ripristinare tutti i deficit riscontrati anche in giovani animali adulti. Questa capacità è di grande rilevanza perché indica che il sistema Ot/Avp è altamente plastico e capace di modulare l’attività di processi cognitivi complessi anche dopo il completamento dello sviluppo del sistema nervoso. I nostri dati indicano che tale capacità risiede nella proprietà dei due neuro peptidi di intervenire nei processi cellulari coinvolti nella definizione dello sviluppo in senso inibitorio o eccitatorio di determinate sinapsi e quindi nel determinare l’equilibrio eccitazione/inibizione neuronale, fondamentale per il corretto funzionamento del cervello.

Un’ulteriore conferma alla teoria è arrivata dal Dipartimento di Bioingegneria del Politecnico di Milano, dove un software è stato in grado di rilevare, tramite elettroencefalogramma, l’attività cerebrale dei topi curati.

I risultati del nostro studio sono importanti perché, dimostrando che deficit comportamentali e cognitivi legati a un’alterazione dell’eccitabilità neuronale in età evolutiva possono essere modulati in età adulta dai due Ot ed Avp, preludono a potenziali nuovi approcci terapeutici basati sull’uso di queste molecole

concludono i ricercatori.

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