Il cancro e la sua cura sono da tempo immemorabile al vaglio della ricerca mondiale: si cercano contestualmente i meccanismi di scatenamento del tumore ed una sua possibile cura definitiva al fine di assicurare la guarigione a tutti coloro che ne sono affetti. La chemioterapia è uno degli strumenti più utilizzati. Ma è efficace o rappresenta solo una falsa speranza per i malati terminali?
Prima di tutto specifichiamo che nel nostro paese i malati terminali non vengono sottoposti a questo approccio terapeutico, in modo tale da non creare confusione: in questo articolo parliamo della realtà statunitense, i cui protocolli, evidentemente, sono differenti dai nostri. Inoltre in questo caso bisogna in questo caso stare molto attenti alle parole e contestualizzare il termine “falsa speranza”. La chemioterapia è attualmente uno dei maggiori strumenti contro il cancro sul quale l’uomo può contare, almeno a livello farmacologico. Le varianti relativa al suo utilizzo sono molte, tra le quali figurano ovviamente il tipo di cancro e la reattività del paziente alla terapia. Prendiamo i malati terminali. Per loro, secondo uno studio recentemente condotto negli Stati Uniti, la chemioterapia rappresenta la panacea del male, la soluzione definitiva. Il problema è che non sempre è così. Anzi, quasi mai nei casi presi in considerazione nella ricerca americana il risultato finale è stato una guarigione. Eppure circa l’70% dei malati terminali di tumore ai polmoni e l’80% di quelli affetti da cancro al colon pensano che la chemioterapia possa salvarli.
La realtà, secondo i ricercatori, è diversa: la chemioterapia può alleviare i sintomi e dare diversi mesi di vità in più al malato, ma al momento non molto più di questo. Commenta la coordinatrice dello studio, la dottoressa Deborah Schrag:
E’davvero facile per le persone avere aspettative che non sono ben allineate con la realtà. Vogliono essere quelli che sono riusciti a sconfiggere il cancro. Inoltre, i medici vogliono essere utili. Vogliamo essere positivi. Quello che è chiaro, è che tutto ciò che stiamo facendo in questo momento richiede di essere modificato. Dobbiamo muoverci su una linea sottile e offrire ai nostri pazienti la speranza per ciò che è possibile, ma cautela per ciò che è probabile.
Lo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha coinvolto circa 1.200 pazienti oncologici. I partecipanti sono stati interrogati circa quattro mesi dopo aver ricevuto la diagnosi di cancro. Tutti i partecipanti erano stati sottoposti a trattamento chemioterapico e presentavano tumori in stadio avanzato, con la presenza di metastasi. Migliore era la comunicazione con il proprio medico, più radicata era la certezza della guarigione attraverso la chemioterapia.
Fonte | New England Journal of Medicine
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