Il rischio aborto è triplicato in presenza di celiachia. La celiachia divora infatti la placenta, il nido che offre protezione e nutrimento al feto, ostacolando la prosecuzione naturale della gravidanza. Il meccanismo alla base di questa liaison dangereuse è stato oggetto di un recente studio realizzato da un’équipe di ricercatori dell’Università Cattolica-Policlinico “Agostino Gemelli” di Roma e pubblicato sull’autorevole rivista di divulgazione scientifica The American Journal of Gastroenterology.
Le donne celiache non in cura, e dunque ignare di soffrire del disturbo, durante la gravidanza vanno incontro ad aborti spontanei, il cui rischio potrebbe esssere scongiurato semplicemente optando per una dieta priva di glutine. Sarebbero proprio gli anticorpi impazziti del glutine, proteina del grano, ad intrufolarsi nella placenta distruggendone le cellule ed impedendo in tal modo al feto di crescere nell’utero e nutrirsi.
La scoperta si deve all’équipe coordinata dal professor Antonio Gasbarrini, Dirigente Medico dell’UOC di Medicina interna gastroenterologia del Gemelli, alla professoressa Nicoletta Di Simone, Dirigente Medico del Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita nascente del Policlinico Gemelli ed alla collaborazione di Marco Silano dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il professor Gasbarrini spiega che la celiachia, in quanto disturbo autoimmune dalla sintomatologia scarsa se non addirittura nulla, spesso non viene diagnosticata né curata. E considerando l’incidenza, un caso ogni 80-90 individui, questo significa che molte persone ne soffrono senza saperlo.
Per le donne in gravidanza questo è un grave rischio,
gli fa eco la professoressa Di Simone,
perché è ormai certo che la celiachia è collegabile a molti problemi ginecologici (dagli aborti ricorrenti, a problemi e ritardi di sviluppo fetale, dai parti prematuri alla menopausa precoce e all’osteoporosi). In un caso su due una donna celiaca che non segue una dieta senza glutine va incontro ad aborti ricorrenti.
L’organismo dei pazienti celiaci produce, tra gli anticorpi impazziti, anche quelli attivi contro l’enzima transglutaminasi che serve a demolire la gliadina, una componente del glutine.
Ebbene, il merito dello studio della Cattolica è di aver svelato come gli anticorpi anti-transglutaminasi causino un danno alla funzionalità placentare, inibendo la capacità invasiva delle cellule della placenta, essenziale per permettere l’impianto dell’embrione.
La professoressa Di Simone spiega che per contrastare l’aborto spontaneo le donne celiache devono sottoporsi, già a partire dai sei mesi precedenti al concepimento, ad una dieta priva di glutine per azzerare la presenza di anticorpi anti-transglutaminasi nel sangue. Inoltre, sempre nell’ambito della prevenzione, per equiparare il tasso di aborti delle donne celiache a quello delle donne sane, è importante, sottolinea la ricercatrice,
che i professionisti del settore si insospettiscano di fronte a una paziente che è andata incontro ad aborti ricorrenti e che, quindi, eseguano anche uno screening diagnostico per escludere la possibilità di essere in presenza di celiachia.
anticorpi “impazziti” prodotti dall’organismo malato, ci sono quelli attivi
contro l’enzima transglutaminasi che serve a demolire la gliadina, una
componente del glutine.
Gli studiosi
della Cattolica di Roma hanno per primi dimostrato come anticorpi anti-transglutaminasi
siano in grado di determinare un danno alla funzionalità placentare con
inibizione della capacità invasiva delle cellule placent