Una recente scoperta ha scosso il mondo della medicina: infatti, sembrerebbe che alcune molecole utilizzate nei farmaci antidiabetici per la loro capacità di abbassare le difese potrebbero aumentare il rischio di fratture ossee. A far destare il sospetto circa 1800 casi di persone che dopo una terapia per curare il diabete hanno subito lesioni di vario genere.
Una scoperta piuttosto allarmante fatta dall’ equipe della London School of Hygiene and Tropical Medicine che ha messo sotto il riflettore i tiazolidindioni, farmaci come rosiglitazone e pioglitazone, molto diffusi ed utilizzati già dagli anni ’90.
Ian Douglas, autore della ricerca, è arrivato a questa conclusione analizzando alcuni dati dello UK General Practice Research Database, ente che raccoglie appunto i dati clinici degli inglesi: i quasi 2000 pazienti over 40 ad aver subito fratture avevano assunto tiazolidindioni per la cura del diabete e analizzando ancora più approfoditamente la relazione tra somministrazione del principio attivo e la comparsa della lesione si è contstato che addirittura la probabilità di rottura delle ossa, nel periodo di somministrazione dei farmaci sarebbe una volta e mezzo maggiore rispetto ai pazienti che non vengono curati con la stessa modalità e tutto ciò, indipendentemente da fattori come sesso ed età.
Inoltre, il rischio sembrerebbe aumentare con la durata del trattamento. I diabetologi però sottolineano che, in realtà si conosceva già che i tiazolidindioni potesso causare tra gli effetti collaterali anche un incremento delle fratture, soprattutto quelle distali, alle estremità degli arti. Carlo Giorda, presidente dell’Associazione Medici Diabetologi Italiani spiega: “Succede perché questi farmaci interferiscono con la crescita degli osteociti, le cellule che “costruiscono” le ossa, ma l’ entità del fenomeno non è enorme: è sostanzialmente un pericolo che si accetta di correre in cambio dei vantaggi della terapia sulla gestione del diabete”.
Secondo Giorda non si deve optare per un’altra scelta terapeutica, ma basterebbe vietare la somministrazione di questa categoria di farmaci, i tiazolidindioni, appunto, ai soggetti che presentano osteoporosi, con disturbi del metabolismo del calcio o alle donne in menopausa.
[Fonte: Corriere.Salute.it ]