L’influenza aviaria inizia a far paura dopo il primo morto In Messico. L’uomo, 59 anni, è deceduto in seguito all’infezione da virus aviario A/H5N2.
Perché l’aviaria ora spaventa
C’è una ragione per la quale tutto il mondo vede con allarme questo accadimento. Non solo perché è la prima volta che viene confermata la presenza di questo virus all’interno delle persone ma anche perché, a quanto pare, non è chiara la fonte del contagio. Potrebbero esserci infatti possibilità che questo ceppo di aviaria non sia giunto all’uomo attraverso il contatto con degli animali infetti. Se dovesse essere confermato, potrebbe trattarsi di un contagio da uomo a uomo con tutto quello che tale possibilità sottintende.
Reduci dalla pandemia di coronavirus dobbiamo mettere in pratica ciò che non siamo riusciti a fare nel 2020. Ovvero muoverci per tempo e tracciare nell’immediato il percorso del virus. Nello specifico, questo caso di infezione da aviaria risale ad aprile. L’uomo, affetto anche da altre patologie, ha iniziato a sperimentare il 17 malessere generale, nausea, diarrea, mancanza di respiro e febbre. È morto una settimana dopo, subito dopo il ricovero presso l’Istituto nazionale di malattie respiratorie di Città del Messico.
Le analisi effettuate post mortem hanno evidenziato che si trattava prima di un virus aviario e poi del ceppo sopra descritto. La notifica all’Oms è arrivata solo il 23 maggio. Ed è proprio su questo ritardo che dobbiamo riflettere. Quanti rischi ci sono che l’aviaria possa diventare pandemia nell’uomo causando scenari simili a quelli del coronavirus se tardiamo nelle notifiche e nella gestione delle possibili conseguenze?
Gestire al meglio il virus
Di solito tempi considerati accettabili da questo punto di vista sono circa una settimana. Dobbiamo poi ricordare che anche la fonte del contagio dei rari casi sporadici legati all’uomo necessitano di essere studiati e compresi. Perché fino a che il contagio avviene per via di esposizione ad ambienti contaminati o pollame infetto è un conto. Nel caso in cui dovesse scatenarsi un’infezione tra uomo e uomo la faccenda sarebbe ben diversa.
Anche negli Stati Uniti l’aviaria sta destando preoccupazione per le 80 mandrie colpite e i 10 stati interessati dai focolai. I casi sporadici di persone infettate fanno comunque pensare che non vi sia un contagio tra persone, quanto uno da contatto con materiale infetto.
Ciò non toglie che l’attenzione deve rimanere altissima, cercando di eradicare il virus il prima possibile. Soprattutto tenendo conto del fatto che in America i maggiori focolai riguardano i bovini e il latte che questi producono. E che presenta il virus al suo interno.